Regia: Spike Lee
Cast: Denzel Washington, Ray Allen, Milla Jovovich, Rosario Dawson
Jesus Shuttlesworth (Ray Allen) è il giocatore di basket più considerato a livello liceale.
Una specie di predestinato già acclamato da giornalisti ed addetti ai lavori e richiesto da tutte le migliori università a livello cestistico.
Suo Padre Jake (Denzel Washington) è in carcere in seguito all’omicidio della madre di Jesus.
Con la scelta del giovane campione ancora in bilico, viene offerta la possibilità al padre di una riduzione di pena nel caso fosse riuscito a convincere il figlio ad entrare a Big State, squadra universitaria di cui il governatore è tifoso.
Con queste premesse si va a sviluppare un film che parla di inganni, tradimenti, giochi sporchi e legami indissolubili.
A New York.
Un film che sa parlare di errori e di redenzioni, di rancori e di gesti incontrollabili.
Gesù non ha mai perdonato il padre per quello che era successo in una sera maledetta condita da alcool e nervosismi così come non gli perdona la durezza con la quale lo aveva allenato, spingendolo al limite, e fin oltre il limite.
Quella di Spike Lee è la storia di un uomo frustrato che impone al figlio le proprie ambizioni, è la storia degli errori di quell’uomo, del tempo perso da quell’uomo, della redenzione e del bisogno di perdono che sente e che appaiono sinceri, e lo sono fino in fondo, dall’inizio alla fine.
Dall’altra parte è la storia di un ragazzo che ha bisogno di crescere in fretta, in un quartiere difficile, dovendo badare alla sua sorellina, di un ragazzino circondato di piccoli e grandi squali pronti a succhiarne il succo.
Tutto a galleggiare in una pozzanghera di corruzione e perversione che sporca l’intero sistema cestistico universitario e la società americana per estensione.
Il film viaggia sulle ali di una colonna sonora perfetta e di una regia magistrale che coglie le emozioni di un cast superbo ed impressiona per leggerezza e precisione.
È perfetto nelle scene in cui si gioca a pallacanestro (la presenza del professionista Ray Allen aiuta non poco in tal senso) così come lo è durante gli accesi dibattiti tra padre e figlio.
La tensione cresce e cala più volte, in un mix di ritmi che compie benissimo il suo lavoro.
La tematica razziale è ben definita, lontana da banalità o pressapochismi: insieme alle difficoltà dell’essere neri in America non vengono infatti nascosti i vizi e le debolezze di chi cresce in situazioni difficili, in quei ghetti da cui generazioni di famiglie non usciranno mai.
Ottima come già detto la prova del cast, a partire da Denzel Washington che dà vita ad un personaggio arrabbiato e allo stesso tempo impaurito, dispiaciuto e vittima degli eventi.
Allo stesso modo si rivelano ottime scelte quella di Ray Allen che passa dal parquet al set mostrando le giuste doti per condividere la scena con Denzel e quelle di Milla Jovovich e Rosario Dawson, rispettivamente una prostituta che regalerà un po’ di normalità a Jake, e la fidanzata opportunista di Gesù.
“He got game” in conclusione è una pietra miliare: bello, emozionante e convincente fino alla fine, che in qualche modo ci ispira speranza nonostante gli inganni, le casualità e le disgrazie che la vita riserva.
E con palloni da basket e cammei di giocatori ovunque.
Voto: 8/10
[…] stesso piano, ma con toni differenti, si posiziona il capolavoro di Spike Lee He got game (1998) con Denzel Washington e il sorprendente Ray Allen (professionista nella Nba) come […]