Regia: Scott Frank
Cast: Anya Taylor-Joy, Bill Camp, Marielle Heller
Stagioni: 1
Episodi: 7
In onda su Netflix a partire dal 23 ottobre 2020, la mini-serie La regina degli scacchi diventa virale in breve tempo e rompe lo schermo, facendo registrare – stando a quanto riportato dal New York Times e complice la pandemia – un’impennata delle vendite di scacchiere nei soli Stati Uniti del 125%.
Così come a rompere lo schermo sono gli enormi occhi e i tratti spigolosi del viso della protagonista, Anya Taylor-Joy, i cui primi piani contribuiscono a rendere magnetiche ed evocative le sequenze della serie.
In sette episodi, Scott Frank, nuovamente alle prese con la regia per il piccolo schermo dopo Godless, avvicina alla scacchiera anche chi tra pedoni e pedine non saprebbe come muovere una mossa: complice lo charme e il fascino della protagonista, gli episodi tengono lo spettatore incollato alla tv, trascinandolo in un’America in piena guerra fredda, fatta di apparenze e contraddizioni.
Basata sull’omonimo romanzo di Walter Tevis, The Queen’s Gambit – che prende il nome da un’apertura del gioco ma che rimanda, anche, alla rivincita al femminile della protagonista in un ambiente fatto in gran parte di uomini – ci narra la vita, la formazione e l’evoluzione della giovane Elizabeth “Beth” Harmon, orfana in drammatiche circostanze a soli otto anni.
Dopo una scena d’apertura che anticipa (ma non troppo), in maniera accattivante e visivamente ben confezionata, quel che sarà della Beth adulta, ci troviamo a ripercorre l’infanzia difficile della ragazza che, ritrovatasi al Methuen Home for Girls, un orfanotrofio cattolico per bambine, scopre, in una quotidianità fatta di gesti rituali e ripetitivi, le infinite combinazioni possibili sulle sessantaquattro case di una scacchiera grazie agli insegnamenti del burbero custode Shaibel.
Il bianco e il nero si inseriscono prepotentemente nella vita grigia (e, a tratti, verde) della bambina, come simbolo di fuga dalla realtà ma anche, e soprattutto, di controllo, così come la stessa protagonista, la nostra rossa enfant prodige, spiegherà in un’intervista da adolescente.
Perché sì, la passione di Beth la porterà al successo: non è uno spoiler, almeno non più di quanto non lo sia il titolo di questa mini-serie che strizza l’occhio in maniera fugace al femminismo e alla diversità.
Avvincente e coinvolgente, capace di far appassionare milioni di spettatori al cerebrale gioco degli scacchi, il lavoro dello sceneggiatore di Minority Report pecca, però, di superficialità nella caratterizzazione introspettiva dei personaggi, sprecando i tempi dilatati non concessi al cinema in qualche scena ripetuta di troppo.
Nel complesso, una bella partita…sperando che una seconda serie non venga messa in cantiere, correndo il rischio di una rivincita non necessaria.
Voto: 7/10
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