Regia: John Carpernter

Cast: Kurt Russell, Dennis Dun, Kim Cattrall, Victor Wong, James Hong

“Una specie di Alice nel paese delle meraviglie molto radicalizzato”.

Si potrebbe riassumere così “Grosso guaio a Chinatown”, diretto da John Carpenter nel 1986, citando una battuta dello stesso film.

Ed è davvero profonda la tana del Bianconiglio che ci viene presentata dal regista newyorkese in una pellicola difficilmente categorizzabile e che mescola tanti generi in un’unica soluzione.

Jack Burton (Kurt Russell) è un burbero camionista che rimane coinvolto, suo malgrado, nel rapimento di una ragazza di cui un suo vecchio amico è innamorato e si ritrova a dover lottare per recuperare il suo camion ed aiutare il compagno nella Chinatown di San Francisco tra gruppi rivali, esseri sovrannaturali e un demone, Lo Pan (James Hong) apparentemente invincibile.

Le strade della “Piccola Cina” sono infatti soltanto la facciata e la superficie di un mondo molto più vasto e tetro che si espande nel sottosuolo e che riserva antichi misteri e terrori incredibili.

Carpenter e il suo partner in crime di sempre, Kurt Russell, danno vita all’ennesimo grande personaggio della loro carriera di coppia tratteggiando un occidentale scorbutico che si ritrova catapultato come un pesce fuor d’acqua in un mondo orientaleggiante fatto di stregonerie, mostri e maledizioni.

Caratteristica peculiare del film è di ritrarre come una spalla imbranata e boriosa quello che sarebbe dovuto essere il protagonista e che viene guidato a tutti gli effetti dal compagno d’avventura, Wang Chi (Dennis Dun), che appare molto più risoluto e scaltro.

È proprio il Jack Burton, braccio destro convinto di essere un leader, infatti, a risultare uno dei punti forti di un lavoro condito dalla solita grande colonna sonora targata Carpenter e da una scenografia oscura e riuscitissima, che cambia forma mano a mano che si scenda nei meandri del regno sotterraneo nascosto sotto la città.

Uno script forse poco dettagliato non riesce a rendere del tutto giustizia ai tanti personaggi secondari di rilievo che hanno avuto comunque il merito di ispirare autori successivi e che hanno contribuito a rendere l’intera opera un piccolo cult, riscoperta e rivalutata negli anni successivi alla sua uscita.

Gli effetti speciali, il make-up e l’aspetto delle creature riescono ad essere all’altezza nonostante il budget non esagerato.

“Grosso guaio a Chinatown” è un film che ha guadagnato credito negli anni grazie alla forte autoironia, al suo sapersi distinguere dai cliché di genere (nonostante le apparenze superficiali) e alla passione dell’intero gruppo di lavoro per i piccoli dettagli che lo contraddistinguono.

Come un viaggio bizzarro all’interno di un mondo sconosciuto, “Grosso guaio a Chinatown” sorprende e si esalta nella sua atmosfera inconfondibile, nei suoi personaggi iconici e nelle battute presuntuose del suo protagonista che si rifiuta di guidare più veloce di quanto possa vedere e che sa che a parte questo è solo questione di riflessi.

Voto: 8/10

2 pensiero su “Grosso Guaio a Chinatown (Big Trouble in Little China) (1986)”