Regia: Darius Marder
Cast: Riz Ahmed, Olivia Cooke, Paul Raci
Reso disponibile in streaming su Prime Video a partire dal 4 dicembre 2020, Sound of Metal è il film d’esordio come regista di Darius Marder.
Il soggetto del film avrebbe dovuto vedere la luce sotto forma di un documentario dal titolo Metalhead, concepito da Derek Cianfrance, amico dell’esordiente regista statunitense (e collaboratore nella sceneggiatura di Come un tuono), che dovette però lasciare orfano il progetto per star dietro all’uscita e alla promozione di un’altra sua pellicola, Blue Valentine.
L’idea venne quindi adottata da Marder e trasformata nel film che può vantare, oggi, sei candidature agli Oscar, tra cui la nomination a Miglior Film.
La storia che viene raccontata è quella di Ruben Stone (Riz Ahmed), ex tossicodipendente e batterista di un duo heavy metal formato insieme a Lou (Olivia Cooke), voce dei Blackgammon e compagna del protagonista.
Prima di un’esibizione, però, la quotidiana routine di Ruben viene sconvolta dal sopraggiungere di un’improvvisa quanto devastante situazione: il musicista viene investito da una fulminea perdita d’udito.
Ignorando le raccomandazioni del medico cui si rivolge inizialmente, tenendo all’oscuro dell’inaspettata sordità la fidanzata, Ruben cerca di continuare la sua vita e la sua carriera come nulla fosse fin quando l’esposizione alle altissime note della band in concerto non costringe il batterista ad abbandonare il palco, sconvolto e frastornato.
Per preservare la salute mentale del ragazzo, palesemente sull’orlo di una crisi di nervi, Lou si rivolge ad Hector (lo sponsor ai Narcotici Anonimi di Ruben, come ci viene lasciato intuire) che li indirizza verso la comunità di recupero per tossicodipendenti sordi gestita da Joe (interpretato da un sorprendente Paul Raci, figlio di genitori affetti da sordità e al suo primo ruolo di spicco).
Ed è proprio qui che inizia il viaggio di crescita interiore del ragazzo, la cui intensa interpretazione è valsa la candidatura all’Oscar come miglior attore protagonista al britannico (dopo la vittoria agli Independent Spirit Awards).
La pellicola del regista statunitense non spicca per effetti fotografici peculiari, non si registrano particolari giochi cromatici o tagli registici innovativi: la caratteristica che emerge prepotentemente, solleticando l’emotività dello spettatore e lasciandogli assaporare tutto il dolore condiviso, è l’aver saputo sfruttare sapientemente i cambiamenti d’acustica e le distorsioni sonore per trasportarci nell’intimo del protagonista.
I suoni attutiti, i suoni metallici (da cui il gioco di parole del titolo) e, soprattutto, l’ossimorico suono del silenzio prendono il centro della scena, accompagnando l’evoluzione di Ruben, tra cadute e prese di coscienza, che diventa così un eroe sulla strada verso un’accettazione rivoluzionaria piuttosto che in direzione del cambiamento.
Sound of Metal, forse, non sarà premiato come miglior pellicola dall’Accademia, ma resterà a tutti gli effetti un film degno di nota, anche solo per aver saputo trattare un tema così delicato senza mai essere banale, nonostante il difetto di aver dilatato il racconto in un tempo eccessivo, rischiando di perdere parte della carica emotiva messa in campo attraverso il contrasto, azzeccatissimo, tra un incipit adrenalinico ed un finale muto.
Voto: 8/10
[…] ci si aspettava qui sulla torre, il miglior sonoro (insiema al miglior montaggio) va a Sound of Metal mentre la miglior scenografia e la miglior fotografia sono quelle di Mank, diretto da David […]