Gone Girl (L’amore bugiardo) (2014)

Regia: David Fincher

Cast: Rosamund Pike, Ben Affleck

Una biondissima moglie perfetta sparisce improvvisamente dalla sua accogliente casa nel Missouri una mattina di luglio, nel giorno del suo quinto anniversario di matrimonio, lasciando dietro di sé una serie di tracce ed indizi che portano gli inquirenti ad ipotizzarne l’omicidio e ad identificare nel sorridente marito il sospettato numero uno.

Ma la sceneggiatura di Gillian Flynn (autrice dell’omonimo romanzo da cui è tratto il soggetto della pellicola, seppur con un finale diverso) non è così lineare, non assomiglia neanche vagamente ai casi di cronaca nera cui sembra ispirarsi.

Quella che potrebbe apparire, infatti, come una trasposizione sullo schermo del caso di Laci e Scott Peterson – sia nello sviluppo della vicenda che nella sua esposizione mediatica – si rivela essere un altro tipo di storia, che tenta di analizzare l’intercambiabile rapporto tra vittima e carnefice in un matrimonio tutt’altro che perfetto.

Il dramma messo in scena, quello di Amy (la cui indecifrabile mimica facciale è stata resa in maniera magnifica da Rosamund Pike) e Nick (interpretato da Ben Affleck), prende forma attraverso l’alternarsi dei punti di vista dei personaggi, che ci svelano, minuto dopo minuto, a suon di colpi di scena, luci ed ombre di due esistenze, trovate ad incrociarsi ed intrecciarsi in un gioco delle parti fatto di delitto e castigo, guerra e pace, amore e odio.

Al centro del lungometraggio firmato da David Fincher c’è poi, in maniera preponderante, una critica al sistema mediatico americano (dal quale hanno preso le mosse i talk-show e i programmi verità che inondano anche i nostri piccoli schermi), al suo prendere parte ad ogni vicenda, anche la più intima, privata e tragica, alla maniera di un coro greco distorto e morboso, interessato a vendere e spettacolarizzare piuttosto che a capire, indagare e, al limite, confortare.

Critica che sfocia, velatamente ma non troppo, in una valutazione priva di lode del sistema giudiziario degli Stati Uniti, mettendo in luce quanto possa venir influenzato dall’opinione pubblica, a sua volta diretta, quasi ammaestrata, dai volti noti delle emittenti nazionali: Gone girl ci fa riflettere sul luogo in cui si svolgano (o, meglio, vadano in scena) i processi al giorno d’oggi. Prima che in tribunale, difesa ed accusa devono aprire le danze nei salotti della televisione (spaventosamente ipocrita e benpensante) che entra nelle case del cittadino medio, stando ben attente al tempismo, curando nel dettaglio forma ed apparenze.

Attraverso un uso sapiente di salti temporali, di una narrativa multilivello che mira a sviluppare l’alto potenziale della trama, di una fotografia inquietante, di inquadrature taglienti e colori saturi, il thriller ad alta tensione emotiva che ci propone Fincher è un ottimo prodotto cinematografico, che, se per alcune questioni messe sotto i riflettori può apparire decisamente di controversa interpretazione, ci tiene col fiato sospeso, per 149 minuti, senza annoiarci mai.

Voto: 8/10