Older Gods è un piccolo film britannico dal budget ridicolo che fa dei suoi richiami alle atmosfere e agli orrori lovecraftiani il suo motivo di esistere. Un horror psicologico realizzato alla perfezione, intenso e dalle tinte cupe.
Scritto e diretto da David A. Roberts, al debutto con un lungometraggio e con un cast ridotto all’osso, il piccolo gioiello indipendente ha dalla sua una trama che sa rifarsi in maniera sublime ai racconti del solitario di Providence e una tensione costruita in maniera eccezionale e che tiene lo spettatore sempre sul filo del rasoio.
Un horror diverso dai grandi prodotti cinematografici cui ci siamo abituati negli ultimi anni ma che allo stesso tempo non pecca mai di qualità e che sembra essere consapevole di fin dove possa spingersi.
Una morte misteriosa e un antico culto
Chris Rivers decide di affrontare un viaggio in Galles a seguito del suicidio di un suo caro amico. Il pacco che l’uomo gli aveva inviato prima di morire rivelerà a Chris una sconcertante verità sugli ultimi anni di vita del defunto e lo introdurrà a un terrificante culto con al centro un’antica e quasi dimenticata divinità.
Quello che vedrà, sentirà e vivrà in quella sperduta casa nel bosco trascinerà Chris in un’interminabile discesa verso le tenebre mentre una follia montante comincerà a impadronirsi di lui.
Older Gods è un gioiellino di tecnica e narrazione
La trama che sta dietro il racconto di Older Gods non è niente di particolarmente nuovo o inaspettato, ma il modo in cui è costruita la narrazione, l’irrazionalità del tutto e l’inevitabile scorrere degli eventi, fanno del film di Roberts uno dei prodotti più squisitamente lovecraftiani degli ultimi anni.
Il protagonista si ritroverà a vivere un vortice di terrori inspiegabili e difficili da comprendere che nascondono un orrore cosmico molto più grande e inimmaginabile soltanto fino a quando non ci si fermi a volerlo scoprire e non si rimanga intrappolati nei suoi tentacoli.
Piuttosto che lasciarsi andare a jumpscare o scene eccessivamente splatter (pur senza disdegnare entrambi gli espedienti), Older Gods si affida a una tensione che sa crescere durante la pellicola e che lavora sui nervi di chi guarda.
La regia, in questo senso è eccellente e, insieme a un montaggio in grado di costruire ritmo e generare ansia, intrappola lo spettatore in una spirale claustrofobica dalla quale è impossibile liberarsi.
La colonna sonora fatta tanto dalla musica di sottofondo quanto dai silenzi e dai sussurri di creature indicibili fa il suo lavoro egregiamente senza fare mai uscire dall’esperienza cinematografica.
La fotografia, inquietante ed espressiva, è perfetta per catturare tanto i momenti onirici quanto quelli più gore della pellicola, che, come detto, preferisce quasi sempre far immaginare piuttosto che mostrare.
Anche il cast si comporta in maniera egregia, con Rory Wilson e gli altri protagonisti capaci di tuffarsi perfettamente nel racconto dell’inevitabile e del cambiamento.
Una piccola produzione di altissimo livello
La grande ascesa di un culto segreto, le sequenze oniriche terrificanti, la presenza di un’antica divinità superiore a tutto e il lento trascinamento verso la follia. Tutto di Older Gods è un richiamo ai miti di Chtulhu e all’universo dell’orrore creato da Lovecraft.
Un film da guardare a tutti i costi se si è appassionati del genere e se si vuole riscoprire un altro modo di fare cinema, lontano da budget astronomici, da effetti speciali sbalorditivi o da trame complesse che però fatichino a lasciare emozioni.
Un’opera inquietante e che sa destare una morbosa curiosità fino ai titoli di coda, che alludono a un abitante di Liverpool che si sarebbe ferito durante le riprese del film, ma soltanto per colpa sua. Ottimo lavoro, Wagyu Films.
Fatevi un favore: guardatelo. Aprite la porta e illuminate la via.
Voto Older Gods: 8/10
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