Stephen King è senza alcun dubbio uno degli scrittori più influenti e prolifici degli ultimi cento anni, nonostante, almeno agli inizi, sia stato bistrattato e considerato un autore di serie b. Di certo, la sua carriera, così come la sua intera esistenza, ha vissuto un punto di svolta il 19 giugno del 1999, quando un minivan lo investì causandogli importanti traumi e minando la sua capacità di lavorare alle sue opere.

Dopo aver condiviso la notizia che stanno per iniziare i lavori sul set relativi al remake di The Running Man, torniamo ad occuparci del Re dell’Horror per ricordare, a 25 anni di distanza dall’episodio, le difficoltà che lo scrittore dovette affrontare, a livello fisico e psicologico, per ricominciare a scrivere dopo l’incidente.

Come spiegato dallo stesso autore, che per cinque o sei settimane dopo l’incidente non cercò neanche di lavorare, riprendere la sua consueta routine lavorativa fu un esercizio tutt’altro che banale, soprattutto per un uomo che aveva fatto della routine e della costanza uno dei suoi punti di forza :

“La prima seduta durò un’ora e quaranta minuti, di gran lunga il periodo più lungo che avevo trascorso in piedi da quando ero stato colpito dal furgone di Smith. Quando finì, ero grondante di sudore e quasi troppo esausto per stare seduto sulla sedia a rotelle. Il dolore all’anca era qualcosa di apocalittico. E le prime cinquecento parole furono terrificanti: era come se non avessi mai scritto nulla in vita mia. Passavo da una parola all’altra come un uomo molto anziano che trovi la strada per attraversare un ruscello su una linea a zig zag di pietre bagnate”.

Stephen King and The Thing of Evil

I Fedeli Lettori di King hanno, dunque, seriamente rischiato di non poter mai leggere tutto il lavoro dello scrittore post-incidente, compresi i romanzi che hanno concluso la serie La Torre Nera, il seguito di Shining, Doctor Sleep, e l’incursione dell’autore nel genere poliziesco che sta caratterizzando gli ultimi anni della sua produzione.

Continuando a ringraziare la benevolenza della sorte per essere stata magnanima, nonostante tutto, con il nativo di Portland e con i suoi tanti fan in giro per il mondo, vi lasciamo al racconto di quella volta in cui Stephen King e George Romero hanno quasi adattato insieme L’ombra dello Scorpione.

Fonte: ScreenRant