Civil War è uno dei film più importanti e riusciti di questo 2024: la capacità di raccontare un tema tanto attuale e delicato in maniera forte, interessante ed intrattenente, è una caratteristica peculiare dell’opera di Alex Garland che le ha permesso di ricevere il plauso della critica e la risposta positiva da parte del pubblico.

In un’intervista con il New York Times, l’autore ha spiegato cosa lo abbia ispirato nella creazione del lungometraggio e per quale motivo abbia lasciato molte spiegazioni alla sensibilità dello spettatore, raccontando la sua cronaca di una nuova guerra civile americana senza entrare nei dettagli delle cause scatenanti.

Dopo aver condiviso l’intervista in cui Christopher Nolan ha rivelato che uno dei suoi film fosse stato inizialmente pensato come un horror, andiamo ad occuparci di un regista e sceneggiatore che si è cimentato a più riprese nel genere dimostrando allo stesso tempo di sapere spaziare in diversi ambiti della settima arte, rifiutando qualsiasi tipo di etichetta.

L’ultimo lavoro di Garland che sia stato pubblicato, Civil War, ha attirato su di sé l’attenzione riuscendo a farsi notare per la propria ambientazione particolare e per la trama tanto cupa quanto attenta all’attuale dibattito politico.

Civil War 
Alex Garland

Civil War racconta infatti di un nuovo conflitto interno agli Stati Uniti d’America, mostrandoci il viaggio di un gruppo di giornalisti intenti a raccontare le terribili vicende di un paese diviso. Nel farlo, però, Garland ha deciso di non entrare del tutto nel merito, lasciando senza risposta le domande a proposito dei motivi della guerra civile e riguardo i propositi delle due fazioni.

Parlando con il quotidiano di New York, l’autore ha risposto a una precisa domanda su cosa l’abbia ispirato, già nel 2020, nello scrivere la sceneggiatura:

“Se si pensa al 2020, il discorso era quasi identico a quello di oggi. La cosa strana è che sia cambiato così poco. E alcuni di quei cambiamenti sono in peggio. In generale direi che questo film parli di controlli ed equilibri: polarizzazione, divisione, il modo in cui la politica populista porti all’estremismo, dove andrà a finire l’estremismo stesso e dove si trovi la stampa in tutto questo. Una delle cose che mi preoccupava davvero quattro anni fa era che fosse perfettamente ovvio che ci fossero ottimi giornalisti che facevano un buon lavoro. Ma la cosa che mi interessava, e questo succedeva già da un po’, era la scarsa visibilità che avessero. Se si tratta di un film su controlli ed equilibri, uno dei maggiori controlli ed equilibri che si hanno sul governo è rappresentato dalla stampa. Ma la stampa deve ottenere fiducia, perché funzioni. È stata minata e demonizzata, almeno in parte, da forze esterne e interne”.

Quindi, Garland ha risposto a proposito dei motivi per cui le cause della guerra e le motivazioni delle due fazioni siano state lasciate tanto inesplorate:

“In quel modo sarebbe stato un problema che riguardasse solo questo paese, ma non è così. Lo si può vedere proprio ora in Israele. Lo si può vedere in Asia, in Sud America, in Europa; lo si può vedere nel mio Paese. Ora, se si parla di polarizzazione, di estremismo, di Quarto Stato, di tutte queste cose, sarebbe saggio fare un discorso repubblicano-democratico che escluda immediatamente l’altra metà? Sarebbe almeno vero? Non potrebbe essere del tutto vero, perché altrimenti la questione non si applicherebbe a tutti questi altri Paesi. Ora, capisco perché la gente voglia che sia così, proprio per il motivo per cui alcune di queste organizzazioni giornalistiche hanno avuto tanto successo, ovvero che si predica al coro, il coro lo apprezza”.

Civil War
Alex Garland

Un discorso assolutamente coerente e attento, quello del filmmaker britannico, consapevole dell’importanza dei temi trattati in Civil War e della necessità di raccontarli senza entrare troppo nello specifico, in quanto appartenenti in modo del tutto singolare a diverse realtà nel panorama sociale e politico globale.

Fonte: New York Times

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