Nel 2024 si celebrano i 25 anni dall’uscita di The Blair Witch Project, uno dei film horror più particolari e discussi della sua epoca e, certamente, un successo dal punto di vista commerciale che ha pochi eguali nella storia della Settima Arte.

Prodotto con un budget di circa trecentomila dollari, il mockumentary, scritto e diretto da Daniel Myrick e Eduardo Sánchez, ha dato nuova vita alla tecnica del found footage che da quel momento sarebbe stata sempre più utilizzata, soprattutto nell’ambito del cinema horror.

L’opera dei due filmmaker emergenti ha sovvertito le regole del cinema dal punto di vista produttivo e promozionale, finendo per diventare un cult e un esempio di come un processo creativo originale possa dare i propri frutti al di là di alcuni limiti tecnici.

The Blair Witch Project

The Blair Witch Project: uno script al servizio della creatività

Parlando delle particolarità del film, sicuramente peculiare è la storia che riguarda la sceneggiatura da cui ha preso vita The Blair Witch Project, studiata per essere completamente diversa dal solito e per ottenere un preciso risultato sullo schermo.

A proposito della sua creatura, Daniel Myrick aveva riferito, in una vecchia intervista con The Guardian:

Sono cresciuto vicino ai boschi e alle paludi della Florida. Per molto tempo ho avuto quest’idea di vedere una figura fatta di legnetti appesa a un albero e la cosa mi faceva venire i brividi. Ed Sánchez, un amico dell’universa che ha finito per co-dirigere il film, mi ha aiutato a trasformare questa idea in una sceneggiatura di 35 pagine su tre studenti che scompaiono dopo essersi recati nei boschi del Maryland per girare un documentario su una strega leggendaria.

Lo script raccontava quello che succedeva, ma non c’erano dialoghi: volevamo che fosse tutto improvvisato. Le riprese sono durate otto giorni e si sono svolte 24 su 24, 7 giorni su 7. Non era un film normale: gli attori guardavano in camera, riprendendosi a vicenda per tutto il tempo.

Usando il GPS abbiamo indirizzato gli attori verso luoghi contrassegnati da bandierine o casse del latte, dove avrebbero lasciato le loro riprese, e preso il cibo e i nostri appunti di regia. Gli interpreti avevano la libertà di decidere come recitare: noi intervenivamo solo se pensavamo che ci fosse bisogno di smorzare i toni. E poi c’erano gli ‘scherzi’ che facevano di notte e a cui loro dovevano reagire, come sentire le voci dei bambini o sentire la tenda che veniva scossa

Il punto di vista del cast

A proposito dell’intero processo di riprese, uno degli interpreti, Joshua Leonard, ha ricordato:

La tensione era alta, abbiamo avuto fame, ci siamo sentiti a disagio e abbiamo ferito i sentimenti dell’altro. Così abbiamo inventato una parola d’ordine per ogni volta che dovevamo uscire dal personaggio e ricordarci che si trattasse solo di un lavoro: taci. Ce ne siamo pentiti verso il terzo giorno. Continuava a ricordarci quanto fossimo affamati

The Blair Witch Project

Un modo di fare cinema poco convenzionale ed estremamente redditizio, considerati l’incasso globale che si è aggirato intorno ai 250 milioni di dollari, l’apprezzamento da parte del pubblico e della critica e l’eredità lasciata al cinema di genere da The Blair Witch Project.

A proposito di curiosità e di horror, vi lasciamo alla storia della disavventura che ha ispirato Joe Cornish per la creazione di Attack the Block.

Fonte: The Guardian

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