Real Steel ha rappresentato la prima vera incursione di Shawn Levy nel mondo della fantascienza, per quanto declinata sotto forma di commedia, dopo l’ottimo successo ottenuto dal fantasioso Una Notte al Museo e dal suo primo sequel.

Il film, uscito nel 2011 e dedicato a un pubblico di tutte le età, racconta le vicende di un uomo e di suo figlio nel tentativo di scalare le classifiche del campionato di boxe per robot e, prima ancora, di farsi un nome nel variegato mondo che ci gira intorno.

In una vecchia intervista promozionale, il regista ha parlato con Screen Rant, mettendo in risalto l’importanza dei modelli di robot utilizzati durante le riprese e affiancati, come effetti pratici, a quelli visivi aggiunti nella fase di post-produzione.

Dopo aver parlato di cinque elementi di scena iconici presentati in Pulp Fiction, andiamo a occuparci dell’uso di modelli e di effetti pratici nella realizzazione di un contesto e della loro importanza per quanto riguardi la riuscita finale di un prodotto, prendendo come esempio le dichiarazioni del filmmaker a proposito del lavoro fatto su Real Steel.

Real Steel
Shawn Levy

Fists Of Steel: Robot-boxing trainer Charlie Kenton (Hugh Jackman) makes an underdog discovery in Atom, an outdated robot with surprising potential.

Interrogato a proposito dell’uso di pupazzi dei robot e della loro utilità nell’aiutare gli attori durante le scene, Shawn Levy aveva spiegato:

In maniera evidente lo si fa perché richiede uno standard più elevato per gli effetti visivi, che devono corrispondere a quelli reali. Quindi non ci si può illudere pensando che sembri vero, perché quello vero è proprio lì nella stanza. Forse non siamo in grado di capire perché una cosa con gli effetti visivi non sembra del tutto reale, ma ci accorgiamo di questa cosa. Bisognava entrare in contatto con la storia e l’impronta organica dei robot reali dà al film una realtà e una connessione con il pubblico che la sola CGI non avrebbe dato.

In secondo luogo, quello che si ottiene dalle performance degli attori  è incomparabile. Hugh Jackman vi dirà che è stato mille volte più facile reagire con la presenza di un vero robot telecomandato. Il motivo per cui le scene tra Atom e Max sono magiche è da ricercare nel fatto che si tratti di un vero bambino di dieci anni che recita con un robot reale. Il motivo per cui il personaggio di Max sembri amare Atom è che Dakota amava Atom, nella vita reale quanto sullo schermo

Consigliandovi di recuperare Real Steel e a proposito dell’importanza di una recitazione convincente, vi lasciamo alle parole di Paul W. S. Anderson su quanto sia stata fondamentale la performance degli attori nella realizzazione dell’atmosfera di Punto di Non Ritorno.

Fonte: Screen Rant

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