Civil War è finalmente sbarcato su Prime Video, diventando disponibile agli utenti della piattaforma streaming del colosso di Jeff Bezos proprio a ridosso delle elezioni americane che segneranno i prossimi anni della politica statunitense.
Dopo il successo nelle sale e l’ottima risposta da parte della critica, l’intenso lungometraggio del filmmaker britannico si prepara dunque a stupire e a far riflettere il pubblico che non abbia ancora avuto modo di scoprirlo e di apprezzarne il coraggio.
A proposito del suo film, prodotto da A24, il regista e sceneggiatore ha risposto a una domanda riguardante l’ispirazione per raccontare una storia tanto complessa mettendo al centro della narrazione un gruppo di reporter impegnati nel coprire la notizia di un imminente attacco al presidente degli Stati Uniti d’America.
Dopo aver condiviso il tweet con cui Stephen King ha paragonato Donald Trump a un personaggio di un suo celebre romanzo, torniamo a occuparci del legame tra arte e politica riportando le parole di Alex Garland inerenti Civil War.
Interrogato sulle ricerche fatte in merito al mondo degli inviati di guerra, Garland ha spiegato a BFI:
Sono cresciuto in mezzo ai giornalisti. Mio padre lavorava come vignettista in un giornale e i suoi amici erano soprattutto giornalisti. Molti di loro erano corrispondenti esteri. Se c’era un conflitto, come quello nel Sud-Est asiatico all’inizio degli anni ’70, loro erano sul posto. Il mio padrino era un corrispondente estero. Il padrino di mio fratello minore era un corrispondente estero. Questi ragazzi erano in giro per tutto il tempo. Quindi non ho fatto ricerche, ma ho pensato a persone che conoscevo
A proposito dell’opera e del suo racconto della polarizzazione politica che la nostra società sta vivendo negli ultimi anni, vi lasciamo a un’altra intervista in cui Alex Garland rivela come Civil War si riferisca a una situazione che si allarga in maniera preoccupante anche al di fuori dei confini degli USA.
Fonte: BFI
