Robert Eggers è uno dei profili più promettenti del panorama horror cinematografico contemporaneo, avendo già a più riprese dimostrato una capacità nel rendere onore a un genere troppo spesso trattato con superficialità anche dagli stessi addetti ai lavori.
Esempio lampante di questo suo rispetto per l’horror è The Witch (reso graficamente come The VVitch), film con cui ha esordito come sceneggiatore e regista, capace di stupire pubblico e critica e di far intuire la dedizione e l’ispirazione con cui il filmmaker di New York si approcci alla Settima Arte.
In effetti, The Witch, con un budget di appena 4 milioni di dollari, è in grado di portare il pubblico in territori oscuri senza aver bisogno di abusare in alcun modo degli espedienti tipici e costruendo la propria efficacia narrativa su una tensione che sfrutta l’ambiguità del racconto per tenere lo spettatore attaccato allo schermo.
Dopo aver condiviso un nostro approfondimento che mette a confronto Get Out con Us e Nope, i tre lungometraggi scritti e diretti da Jordan Peele, altro nome caldo del nuovo filone horror, andiamo quindi ad analizzare in maniera approfondita il lavoro fatto da Robert Eggers con questa sua sorprendente e affascinante opera prima.
Una famiglia e un obbligato nuovo inizio
Una famiglia di coloni del Nordamerica proveniente dall’inghilterra viene scacciata dalla comunità in cui risiede e si trova costretta a dover cercare un nuovo posto in cui vivere nelle desolate lande di un Nuovo Mondo ancora agli albori della sua fondazione.
Il nuovo inizio si rivela però estremamente drammatico per i componenti del gruppo familiare quando il neonato Samuel sparisce nel nulla mentre si trovava, ai bordi della foresta che circonda la loro nuova abitazione, sotto la custodia della sorella maggiore, Thomasin.
In un crescendo di timori, dolori e fanatismi religiosi la posizione dell’adolescente assume, specie per la madre, dei contorni sempre più tetri e paurosi nella convinzione della donna che qualcosa di maligno alberghi nell’animo della giovane figlia.
Mentre l’oscurità sembra abbattersi senza pietà sulla vita del nucleo familiare, tutto inizia a cambiare nei rapporti che lo costituiscono in un circolo vizioso di cui risulta complicato comprendere l’inizio e in cui il rapporto di causa ed effetto diventa assolutamente sfumato e indefinito.
Di paure, pregiudizi, stati sociali e mostri
The Witch è un film che, senza aver bisogno di inventare nulla, costruisce un racconto profondo e almeno in parte sfuggente, che si riferisce prima di tutto alla capacità di determinate suggestioni di prendere vita in modo perverso attraverso un meccanismo che si nutre del pregiudizio per sfociare nella diffidenza, nella paura e nell’abbandono.
Eggers, in questo senso, è bravissimo nell’immergersi in un ambito in cui spiritualità e superstizione si mischiano tra di loro e a uno stato di cose fatto di diseguaglianza sociale prima di tutto percepita e quindi giustificata da un disegno più grande atto a proteggere e a scacciare delle presunte nefandezze.
Per capire la narrazione dell’opera, non si può certo prescindere, infatti, dal contesto di un mondo fortemente legato alla religione e a un’idea della donna che prende vita da certi precetti e che a quei precetti faccia poi riferimento per cercare una conferma che solo all’apparenza e in maniera strumentale sembri trovare davvero un senso.
Il film potrebbe essere letto, secondo quest’idea, come una riflessione sulla condizione femminile dell’epoca che, senza entrare troppo nello specifico, si occupa più di analizzare le conseguenze di un certo tipo di pensiero piuttosto che studiarlo o contraddirlo, riuscendo in questo modo a sviscerare le terribili contraddizioni che sottintende e i pericoli che porti con sè.
È un femminismo talmente puro e mai esplicitato, quello di The Witch, che potrebbe essere utilizzato per comprendere, per estensione, la minaccia che si nasconde dietro ogni preconcetto accettato acriticamente da una massa che usi il timore di diventare preda per farsi, in modo più o meno inconsapevole, predatrice.
Perché quello che sembra interessare al regista del nuovo Nosferatu è il processo che porta il pregiudizio ad autoconfermarsi e a trovare riscontro nelle conseguenze della messa in atto concreta di un certo tipo di atteggiamento.
L’ambiguità con cui viene trattata la vicenda è strumentale a una non presa di posizione da parte dell’autore fondamentale per non scadere nel didascalico e per raccontare al meglio quanto possa essere labile il confine tra il percepito e la realtà.
Allo stesso modo, The Witch si propone di raccontare le dinamiche dei rapporti personali legate ai cambiamenti, alle difficoltà e al modo in cui si connettono ai timori di cui abbiamo già parlato trasformando l’incontro in qualcosa di più simile a un traumatico e incontrollabile scontro.
Il tema dell’ignoto e del sovrannaturale è, pur riuscendo a mantenere la sua potenza narrativa, soltanto il prolungamento estremizzato ed evocativo di tutti questi concetti striscianti, e definisce alla perfezione il senso del racconto in una chiave più fantastica, ma, non per questo, meno cruda.
The Witch è un horror che unisce lo stile alla sostanza
Dal punto di vista stilistico e tecnico, il prodotto confezionato da Eggers è figlio di una visione e di una cura per i dettagli da cinema d’autore: i campi e i piani portati sullo schermo dal filmmaker sono dei dipinti in movimento dalla grande forza espressiva, legati tra loro da una coerenza drammatica e visiva tale da rendere la messa in scena e l’atmosfera credibili e mai artificiose.
Il ritmo, lento e ponderato, è propedeutico alla definizione di una tensione sempre crescente, lasciandosi andare a esplosioni tanto improvvise quanto sconvolgenti fatte di rotture che portano avanti una trama semplice e lineare, per quanto sempre avvolta in quell’ambiguità di cui si è già parlato.
La colonna sonora, dal canto suo, si adatta perfettamente alle immagini e a una fotografia intensa e pulita, incorniciando, con esse, un’opera che si impegna per risultare prima di tutto palpabile e verosimile, senza dover per questo rinunciare a una chiara impronta orrorifica.
Il lavoro degli interpreti, e in particolare quello di una bravissima e giovanissima Anya Taylor-Joy, restituisce personaggi concreti e mai del tutto definiti e, ancora una volta, quel senso di equivocità che pervade una storia che lascia allo spettatore l’incombenza di comprendere quale sia la verità.
Un debutto che trasuda grandezza
The Witch è un film che esprime un’incredibile maturità artistica e una sensibilità per l’horror che sembra prendere spunto più dai racconti gotici di fine diciannovesimo secolo che dal cinema di genere fatto per riempire le sale e sbancare al botteghino.
Un’opera praticamente perfetta sul piano stilistico e che si pone l’obiettivo esplicito di costringere il pubblico a porsi domande e a mettere in discussione qualsiasi verità e che, proprio per questo, riesce a essere terrificante e provocatoria.
L’horror di Robert Eggers è, in definitiva, uno di quei lavori da scoprire e conservare, che ci ricorda come il genere sia in grado di andare oltre a jumpscare e artifici simili, e per questo dovrebbe essere chiamato a farlo, cominciando a cercare con maggiore frequenza l’orrore nella sostanza più che nella forma, prima di tutto, e molto banalmente, scavando nel profondo dell’umanità.
Voto: 8/10