Disponibile su Netflix dal 26 dicembre 2024, la seconda attesissima stagione di Squid Game è stata un successo commerciale, potendo vantare uno straordinario debutto: a quattro giorni dalla pubblicazione dei sette episodi che la compongono, la serie televisiva, ambientata nella Corea del Sud, scritta, diretta e ideata da Hwang Dong-hyuk, poteva già vantare 68 milioni di visualizzazioni.
C’era da aspettarselo, dopo l’enorme successo internazionale della prima stagione, uscita nel 2021, che ha saputo porre l’attenzione di spettatori da tutto il mondo sulla cultura sudcoreana in maniera diversa rispetto ai k-drama che affollano la piattaforma di streaming che, seppur di successo, non hanno quel sapore realmente drammatico che il gioco del calamaro ha saputo portare sul piccolo schermo.
Con Squid Game 2, che ha visto tornare Lee Jung-jae nei panni del giocatore 456, Seong Gi-hun, e Wi Ha-joon nelle vesti del detective Hwang Jun-ho, il pubblico è rientrato nella coloratissima e inquietante fortezza dei giochi per una nuova partita all’ultimo sangue: ne sarà valsa la pena?
Squid Game 2: la crociata del giocatore 456
Un giorno fortunato, l’ultimo episodio della prima stagione, ci aveva lasciati con Gi-hun che, dopo esser riuscito a portare il fratellino di Sae-byeok (la giocatrice 067) dalla Corea del Nord a Seoul e averlo affidato, con una valigia piena di soldi, alla madre di Sang-woo (il complesso personaggio che vestiva la divisa 218), decide, con dolore e sacrificio, di non raggiungere la figlia negli Stati Uniti, ma di restare in patria per porre fine alla crudeltà dei giochi mortali che lo avevano visto vincitore.
La seconda stagione ci trasporta in Corea del Sud tre anni dopo la fine dei giochi, a chiederci, con Gi-hun e Jun-ho, se ci sarà una nuova edizione della mortale competizione: i due, infatti, seppur mossi da intenzioni e sentimenti diversi verso il Front Man, continuano ossessivamente e con ogni mezzo a cercare la misteriosa isola che nasconde l’uomo e le sfide che ha ideato.
Ebbene, in questa stagione, il desiderio di Gi-hun di trovare la fortezza e tentare la sua nobile crociata contro il potere viene esaudito: vestendo nuovamente la casacca contrassegnata dal numero 456, l’uomo riesce a tornare nel temibile dormitorio, deciso a salvare la vita dei suoi compagni e a scoprire chi sia la mente dietro il perverso meccanismo del gioco.
Un, due, tre…Squid Game
La seconda stagione di Squid Game non si chiude in maniera canonica: sebbene anche la prima avesse un finale aperto che lasciava presagire un seguito, dopo aver visto gli episodi che compongono la nuova stagione, lo spettatore resta con molte più domande e dubbi che andranno necessariamente fugati con la visione della terza e ultima stagione.
Netflix ha annunciato che non dovremo aspettare molto: la stagione finale verrà rilasciata nel corso del 2025 e, anzi, se diamo per vero quanto si vocifera sul web, stando ad una presunta svista della piattaforma che si sarebbe lasciata sfuggire una data precisa in un trailer reso, poi, privato, potrebbero volerci sei mesi per scoprire le sorti di Gi-hun, del giocatore 001 e del detective Hwang.
Sebbene la curiosità sia tanta, della stessa portata è, a nostro avviso, l’insoddisfazione regalataci da Hwang Dong-hyuk con questi nuovi episodi, non solo perché la stagione presentataci non è conclusiva, ma questo era prevedibile considerato il successo del prodotto e visto l’andamento della narrazione, ma soprattutto per gli innegabili buchi riscontrabili nella trama.
Squid Game: il gioco vale ancora la candela?
Qui su Torre 21 non siamo soliti rivelare ai lettori dettagli che potrebbero rovinare, con degli spoiler, la visione di qualsivoglia prodotto audiovisivo di cui scriviamo e, per questa ragione, non lo faremo neanche in questa occasione.
Sappiate però che, qualora vi accingiate a guardare Squid Game 2 in questi giorni, dovrete aspettarvi di storcere il naso di fronte a una sceneggiatura che ci pare, nonostante i tre anni d’attesa, approssimativa e poco curata, che, per riuscire a vestire i suoi personaggi di un carattere definito e, spesso, stereotipato, si perde con piccolezze che cozzano con l’essenza stessa della sua idea di base.
Avevamo, noi come centinaia di migliaia di spettatori da tutto il mondo, alte aspettative su questa serie che, con i primi nove episodi, ci aveva regalato il sapore crudo della lotta per la salvezza e il vile denaro, avvicinando l’Occidente, seppur in maniera più edulcorata e patinata, a quel sentore di cupa profondità e di sottile equilibrio tra gli opposti tutto orientale che, in qualche modo, ci aveva fatti ripensare al sordo dolore vissuto da Oh Dae-su in Old Boy di Park Chan-wook.
Con la seconda stagione, però, la magia è quasi svanita: in sette episodi possiamo assaporare la paura primordiale verso l’ignoto e la morte solamente in due occasioni, visto che, nonostante i giochi presentati siano tre, il primo sia già noto, a noi come al giocatore 456.
Questa scelta fa perdere interesse verso una narrazione che sembra voler puntare al cuore del pubblico per farlo empatizzare con i personaggi, e, in particolare, con quelli positivi, a discapito del vero aspetto interessante della sceneggiatura: il gioco in sé, la strategia, le luci e le ombre dell’animo umano di fronte alla lotta per la sopravvivenza, dentro e fuori dalla fortezza.
La fotografia, con i suoi colori ipersaturi, e la messa in scena geometrica, sia nelle forme che nella rappresentazione degli scenari e dei protagonisti, sono le uniche cose degne di nota in questa stagione che, ci auguriamo, sia solo il claudicante preludio a un finale che torni alle origini e possa dare degna sepoltura a un progetto che aveva tutte le carte in regola per restare nella storia della televisione per quel quid in più, per quella scintilla che sembra essersi spenta in nome delle regole del mercato.
Voto: 6