Blink Twice rappresenta il film d’esordio come sceneggiatrice e regista per Zoë Kravitz, già attiva nell’industria dello spettacolo come attrice e cantante e lanciata in questa nuova avventura grazie a questo thriller presentato nel 2024 e da poco disponibile sulla piattaforma di streaming Prime Video.

Il film racconta l’avventura della giovane protagonista intenta a vivere quello che sembrerebbe un vero e proprio sogno a occhi aperti dopo aver ricevuto l’invito di un affascinante imprenditore dell’hi-tech a passare del tempo con lui e la sua compagnia sull’isola che ha da poco acquistato per cambiare il proprio stile di vita.

A metà tra lo slasher e il revenge movie, Blink Twice decide di affrontare alcune questioni delicate della condizione femminile attraverso l’uso di un filtro che pone l’accento su degli aspetti spesso lasciati ai margini della discussione.

Dopo aver presentato la nostra recensione di X – A Sexy Horror Story, e quella del nuovo Nosferatu di Robert Eggers, andiamo ad analizzare questo nuovo horror, con la rinnovata consapevolezza di una sempre più precisa attenzione su questi temi da parte degli autori di genere

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Frida ha bisogno di una vacanza

Durante un importante evento mondano, Frida, presente alla cerimonia come cameriera, incontra il miliardario e guru dell’industria tecnologica Slater King, chiamato a ripulire la propria figura pubblica dopo le accuse di comportamenti inappropriati come dirigente della propria azienda.

L’incontro, apparentemente fortuito tra i due, evolverà nell’invito a Frida e alla sua amica Jess, a seguire l’imprenditore e il suo seguito sull’isola in cui l’uomo si è rifugiato nel tentativo di comprendere e modificare quello che ci fosse di sbagliato nei propri atteggiamenti.

Immersa in un’ambientazione paradisiaca e circondata di persone carismatiche, spigliate e divertenti, Frida fatica a rendersi conto di come, tutta la situazione, nasconda qualcosa di poco limpido e terrificante, fino a che la verità non comincerà a disvelarsi, in maniera inevitabile, ai suoi occhi.

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Un punto di vista inedito e coraggioso

Il film della Kravitz, sebbene ingenuo e didascalico in alcune scelte di sceneggiatura, si fa carico di esplorare una sentita riflessione sulla violenza di genere, soffermandosi in particolare sull’ipocrisia della risposta, da parte dell’opinione pubblica e, a volte, delle stesse vittime, di fronte al sensibile argomento della riabilitazione del carnefice, o ancora meglio, di una nuova concessione di fiducia incondizionata e di indulgenza e autoindulgenza, come se nulla fosse mai successo.

In senso più ampio, naturalmente, le stesse considerazioni potrebbero valere, per estensione, per qualsiasi tipo di prevaricazione, traslando le dinamiche raccontate a seconda dei casi e sostituendo il punto di vista della protagonista con quello di chiunque altro si trovi in una qualche condizione di sudditanza psicologica o effettiva fino a riguardare contesti storici tristemente noti a tutti.

Nel corso dei 102 minuti di narrazione, si fa esplicito riferimento al ruolo della competizione tra donne, così come a quello della subdola complicità tra i personaggi maschili, fino al tema centrale relativo all’attenzione da porre rispetto a un presunto cambiamento o a una presa di coscienza da parte del prevaricatore e a quello relativo alla prosecuzione di un comportamento tossico da parte dell’oppresso a causa di un trauma mai risolto.

Particolarmente interessante e riuscito, dal punto di vista narrativo, è il modo in cui ci viene presentata Frida, le cui azioni potrebbero essere interpretate come tentativo di arrampicata sociale o, al contrario, come quelle di una persona eccessivamente ingenua, mettendo in risalto prima di tutto i nostri pregiudizi e alcuni bias cognitivi che condizionano la discussione sull’argomento.

In effetti, il dibattito pubblico che caratterizza questi argomenti, si ritrova spesso a vertere su questo tipo di considerazioni più per annacquare le responsabilità oggettive e colpevolizzare le vittime che per presentare un monito da cui estrapolare una forma di difesa preventiva per le stesse.

Il messaggio di fondo (che abbiamo analizzato più nel dettaglio nella nostra spiegazione del finale e del significato di Blink Twice), inserito in un racconto intrattenente e patinato come quello di Blink Twice, assume un significato ancora più forte, tanto nelle sfumature di dolore e indignazione, quanto in quello della possibilità di rivalsa da trovare in una solidarietà diffusa e in un’assunzione di consapevolezza.

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Blink Twice è un ottimo biglietto da visita per Zoë Kravitz

Dal punto di vista tecnico, la figlia di Lenny Kravitz e Lisa Bonet si concede una regia che regala momenti di frizzantezza in un prodotto tendenzialmente pulito e senza troppe sbavature: la scelta di soffermarsi sui particolari e su piani molto ravvicinati, insieme a un paio di piani sequenza a sottolineare alcuni momenti fondamentali della vicenda, dimostrano, in questo senso, l’abilità e la voglia di mettersi in mostra della filmmaker passata, per la prima volta, dall’altra parte della telecamera.

La fotografia, piuttosto nella norma e forse un po’ piatta ha il demerito di non sfruttare i colori delle location e di non stupire mai lo spettatore al contrario di una colonna sonora azzeccatissima che tradisce le radici della regista riuscendo nell’intento di dare ritmo alla pellicola.

L’andamento del racconto, da parte sua, è ben strutturato, alternando momenti di forte tensione emotiva ad altri in cui vengono approfonditi gli inneschi della trama, fino all’esplosione finale che libera definitivamente tutta l’energia del film.

Buona anche la prova del cast, dal fascinoso e ambiguo Channing Tatum, all’intensa Naomi Ackie, fino al più che convincente Christian Slater e all’ipnotica Adria Arjona: in generale, tutti gli interpreti hanno saputo sfruttare al meglio la possibilità di lavorare su personaggi che, in corso d’opera, diventano qualcos’altro rispetto a quanto mostrato da principio.

Come detto, la sceneggiatura risulta simpatica e accattivante, per quanto si basi su presupposti non solidissimi e nonostante alcuni risvolti poco verosimili ed evidentemente necessari al proseguimento della storia presentata.

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Un divertente spunto di riflessione

Blink Twice è un thriller a tinte horror che, pur non riuscendo a stupire e a convincere del tutto, lascia soddisfatto lo spettatore a cui offre dei momenti entusiasmanti tanto in senso narrativo quanto per quello che riguardi l’estetica cinematografica.

Le numerose citazioni presenti nell’opera della Kravitz sono un indizio della passione che muove l’autrice e un divertente spunto per i fan della Settima Arte, apertamente indotti a coglierli nel modo più semplice possibile.

Un film che, senza strafare, ispira riflessioni sull’argomento principale cercando di andare più in profondità di tanti altri prodotti dello stesso tipo e ricordando, senza riuscire a raggiungere quella potenza espressiva e stilistica, i primi tre film di Jordan Peele.

Un primo passo sicuramente positivo per la giovane filmmaker che presto vedremo tornare nel ruolo di attrice diretta da Darren Aronofsky nel suo prossimo film Caught Stealing.

Voto: 7/10

Un pensiero su “Blink Twice: c’è del marcio nel marcio”