Nata da un’idea di Dai Satō, Tokyo Override è una miniserie animata presentata da Netflix nel 2024 e ambientata in una Tokyo futuristica e cyberpunk in cui una massiccia raccolta dei dati permette il controllo e la gestione della popolazione della metropoli.
Graficamente accattivante e interessante, per quanto un po’ troppo didascalica, nei temi affrontati, l’opera va a costituire una preziosa aggiunta della piattaforma di streaming al suo già vasto catalogo di produzioni animate giapponesi, richiamando in qualche modo i grandi classici del genere.
Dopo aver presentato la nostra analisi dei temi e dei significati di Tokyo Override, andiamo quindi a esplorare le qualità e i difetti dal punto di vista tecnico e narrativo del breve show diretto da Yusuke Fukada e Veerapatra Jinanavin.
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Tokyo Override recensione
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La trama di Tokyo Override
Kai, un’abitante del distretto ovest di Tokyo, si ritrova improvvisamente nei guai con la polizia dopo essere stata trovata in possesso di una dose della droga Highway che era andata ad acquistare per una sua amica.
Fuggita dalla squadra guidata dal detective Yoshiaki Kageyama grazie alla sua capacità di hackerare i dispositivi elettronici utilizzati degli agenti la fa imbattere in un gruppo di trafficanti che utilizzano le proprie moto d’epoca per condurre traffici illeciti cercando di risultare invisibili al Grande Fratello.
Lo scontro si rivelerà presto un incontro provvidenziale per Kai, facendole scoprire un nuovo mondo e portandola a vivere un’avventura che metterà a nudo il vero volto della Tokyo ottimizzata in cui vive, svelando i segreti di coloro che la governano.
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Un cyberpunk radioso e senza piogge acide
Quello presentato da Riff Studio è un prodotto sicuramente particolare nel panorama di una fantascienza cyberpunk che ci ha abituato a trame complesse e ad ambientazioni oscure, sporche e tese a mostrare il lato più perverso dell’umanità e del potere.
Tokyo Override colpisce infatti per i suoi colori sgargianti e per l’atmosfera serena che permea, per quanto non manchino momenti crudi e diretti, gran parte del viaggio di Kai verso la sua nuova consapevolezza e in difesa di una giustizia minacciata dalle più importanti istituzioni.
La storia, come detto, è piuttosto lineare e i colpi di scena preparati risultano abbastanza prevedibili, per quanto messi in scena a dovere, sfruttando una scrittura dei personaggi assolutamente non banale.
In questo senso, il confine tra il bene e il male viene spesso mostrato attraverso una lente deformante che rende ogni categorizzazione fuorviante e ingiusta e che lascia alla sensibilità dello spettatore un giudizio definitivo su quanto viene mostrato.
L’idea di una città minuziosamente controllata e automatizzata è il motore che muove l’intera vicenda: da questo concetto, sottolineato a più riprese e in modo enfatico dalla voce narrante della protagonista, si sviluppano infatti tutti gli altri argomenti discussi in Tokyo Override, a partire dalla misurazione dei costi e dei benefici di fronte a un tipo di società strutturata in questo modo, passando per uno studio dell’etica del potere e fino ad arrivare al tentativo di esprimere i diversi gradi di libertà che si possano desiderare.
Come già detto, un ruolo fondamentale in una narrazione così strutturata è rappresentato dalla costruzione di personaggi ambigui, che vivono di chiaroscuri e che con le proprie azioni mettono in campo personalità e morali che si scontrano nel corso del racconto.
Ogni scelta e ogni arco narrativo andrebbe analizzato cercando di prendere in considerazione, a seconda dei casi, il punto di vista dei ragazzi del Suma Garage, del detective Lizard, di Kai, di Leuji o di Ayumi.
La complessità di questa scelta (espressa anche dal finale) eleva un’opera che solo all’apparenza risulta essere semplice e poco profonda e che riesce a intrattenere e a far riflettere nonostante un punto di partenza già visto e scandagliato dai suoi predecessori.
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Una serie anime impreziosita da un tratto elegante e dettagliato e da un’incredibile gestione dei colori
Quello che balza subito all’occhio di Tokyo Override è il tratto delle illustrazioni che rende , insieme alla spettacolare colorazione, estremamente accattivante l’aspetto visivo della serie presentata dalla piattaforma di streaming dalla N rossa.
Sebbene le animazioni non siano sempre perfette e curate allo stesso modo (nonostante raggiungano comunque picchi importanti), la resa finale risulta decisamente apprezzabile grazie anche a un lavoro di regia che ha saputo adattarsi alla scena e all’azione sullo schermo.
Il ritmo dello show, allo stesso modo, è certamente azzeccato, riuscendo ad alternare momenti di stasi riflessiva, utili allo sviluppo della trama, ad altri più concitati e ricchi di situazioni spettacolari ed emozionanti.
La colonna sonora che accompagna le immagini sa essere coinvolgente e adatta al tono della serie, dettando alla perfezione i tempi e accompagnando lo spettatore come all’interno di un videogioco di corse.
Una nota di merito particolare va spesa per quanto riguardi il quarto episodio della serie, molto più oscuro degli altri e capace di regalare una visione del mondo di Tokyo Override poco presentata nel contesto generale dell’opera.
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La partnership con Honda e Yamaha
La collaborazione del Riff Studio con le produttrici di moto Yamaha e Honda ha permesso l’utilizzo di modelli basati su storici mezzi delle due case, compresa la R1 che Spoke e Kai guidano nel corso dei sei episodi.
Per la produzione dello show, inoltre, il team Yamaha ha progettato una moto futuristica, chiamata Y/AI e di cui è stato realizzato un modello reale presentato a un fiera dei motori tenutasi in Thailandia, patria del Riff Studio, alla fine del 2024.
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Una serie animata che non tradisce le aspettative
Per concludere, Tokyo Override è una breve serie anime che merita di essere vista e che non deluderà i fan delle ambientazioni cyberpunk e dei progetti a tema motoristico, esplicitando tutta la passione dei realizzatori per gli argomenti chiamate in questione.
La breve durata degli episodi e della serie permette una fruizione della storia che non annoia e non esaspera con momenti morti o riempitivi di alcun tipo, limitandosi a presentare i personaggi all’interno della vicenda raccontata.
L’eccessivo didascalismo e la semplicità generale della trama raccontata potranno far storcere il naso ai puristi del genere che, passando sopra a questi difetti ben celati dalla realizzazione del prodotto, potranno comunque godersi un interessante viaggio in un universo affascinante e costruito con entusiasmo e con i giusti elementi.
Voto: 7/10