Zero Day: Cos’è una vulnerabilità zero-day? Spiegazione del finale e del tema centrale della miniserie Netflix

Zero Day, miniserie Netflix in sei episodi, vede il ritorno sul piccolo schermo di Robert De Niro che, dopo il ruolo avuto in Nada, torna in uno show televisivo come protagonista assoluto di questo thriller a tema informatico e cospirativo diretto da Lesli Linka Glatter.

L’opera affronta un argomento molto delicato e sempre più centrale nelle narrazioni hollywoodiane, esplorando lo scenario di un improvviso attacco informatico su larga scala capace di mettere in ginocchio una nazione e paragonabile, per effetti e intenti, a un vero e proprio atto di terrorismo.

La serie mette in risalto la dipendenza della nostra società dalle infrastrutture digitali, ormai fondamentali in qualsiasi ambito della vita pubblica e privata, sullo sfondo di una nazione, quella degli Stati Uniti d’America, sempre più divisa e sull’orlo di una crisi interna che parrebbe poter deflagrare da un momento all’altro.

Ancora di più, il pretesto dell’hackeraggio è utile a esplorare i rischi connessi al ricorso a un accentramento del potere per far fronte a situazioni estreme, mettendo in guardia rispetto alle derive che potrebbero emergere da situazioni che camminino sul bordo del contesto della democrazia.

In un racconto ricco di colpi di scena, la vicenda mette in campo minacce concrete e altre dal sapore più fantascientifico e i cui effetti vengono esacerbati dalle divisioni interne e dal ruolo di fomentatori vari, pronti a vedere il marcio ovunque e a gettare benzina sul fuoco dando vita a teorie cospirazioniste più o meno verosimili.

Dopo aver presentato la nostra recensione di Civil War di Alex Garland e aver condiviso una nostra lista di 6 film che si occupano di parlare di teorie del complotto, e avvisando degli spoiler presenti in questa nostra analisi, andiamo a spiegare nel dettaglio il finale di Zero Day, cercando di capire qualcosa di più sulla cosiddetta vulnerabilità zero-day.

Zero Day
Zero Day spiegazione
Robert De Niro
Netflix
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La trama di Zero Day

Un improvviso attacco informatico disabilita per un lunghissimo minuto tutte le infrastrutture e gli apparecchi digitali nel territorio degli USA, causando oltre 3000 vittime e rivelandosi come uno degli attacchi terroristici più efficaci e anomali di sempre.

L’ex presidente George Mullen viene richiamato dall’attuale presidentessa per presiedere la commissione Zero Day e indagare sugli esecutori e sui mandanti, mentre la popolazione è spaventata dall’esplicita minaccia che il blackout possa essere innescato nuovamente da chi tiene il dito sul grilletto.

Il personaggio interpretato da Robert De Niro dovrà rispondere al governo e al popolo statunitense, cercando prima di tutto di conservare la propria sanità mentale, messa a dura prova da drammi personali, dall’età e da una possibile arma di nuova generazione che potrebbe essere in grado di colpire a livello cerebrale un bersaglio senza lasciare alcun segno della propria azione.

A complicare ulteriormente le cose ci si mettono le questioni relative alla corruzione di un membro dello staff di Mullen, agli interessi economici e politici dei grandi magnati dell’industria hi-tech, e alle speculazioni, sempre più accreditate dalla massa, di divulgatori di teorie del complotto.

L’investigazione si rivelerà più lunga e complicata di quanto non auspicato dalla Casa Bianca, portando a conclusioni imprevedibili e costringendo Mullen a prendere decisioni tanto difficili dal punto di vista etico quanto pericolose per la stabilità politica e sociale del paese.

Zero Day
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Zero Day: spiegazione del finale

Nel finale della miniserie Netflix, George Mullen si ritrova a dover esporre pubblicamente quanto scoperto nel corso delle indagini, scegliendo inaspettatamente di mettere a nudo il colpo di stato tentato da Dreyer e da altri membri del parlamento USA.

Dopo aver battuto le infruttuose piste relative al coinvolgimento di paesi stranieri e aver torchiato anche con metodi illegali e inaccettabili il suo detrattore Evan Green, l’ex presidente riesce a scoprire dell’implicazione di Monica Kidder, imprenditrice del settore informatico, grazie alla cattura e all’identificazione dell’uomo mandato a ripulire la casa di Carlson dopo l’omicidio del collaboratore.

La successiva e sospetta morte della donna, trovata impiccata nella propria cella prima di poter parlare con Mullen, fa riflettere il protagonista sulla possibilità che dietro la manovra ci sia qualcosa di più di una ritorsione contro le restrizioni imposte al conglomerato tecnologico.

Allo stesso tempo, i reali mandanti del golpe si ritrovano a non aver ottenuto alcun risultato e a dover affrontare l’improvviso pentimento di Alex Mullen: in un doppio tentativo disperato lanciano un nuovo attacco ai sistemi informatici, prontamente fermato dai tecnici della commissione Zero Day, e commissionano l’omicidio di George Mullen, sventato all’ultimo secondo dall’intervento del direttore della CIA.

L’ex presidente viene dunque a sapere di come la Central Intelligence Agency e la presidenza sospettassero del complotto sin dall’inizio e, parlando con la figlia, riesce mettere insieme ogni filo pendente.

Con l’ideatrice del piano, la Kidder, morta in carcere, Dreyer spera di farla franca convinto che Mullen finisca col mentire per proteggere Alex: allo stesso modo, anche la presidentessa Mitchell prova a convincere il personaggio di De Niro a omettere le informazioni riguardo il tentativo di colpo di stato per poter preservare almeno quella poca credibilità rimasta agli organi istituzionali di fronte al popolo e scongiurare nuove indignate sommosse.

Inizialmente l’ex presidente sembra accettare l’idea, presentando a Dreyer una copia del verbale che non contiene nessun tipo di riferimento alla sua persona o ad altri politici, e preparandosi a parlare pubblicamente del proprio operato.

Prendendo la parola davanti al Congresso, però, George Mullen, dopo essersi consultato con il suo staff, decide di rivelare la più scomoda delle verità: la Kidder, lo speculatore Robert Lyndon, Dreyer, Alex e altri membri del parlamento avevano cospirato per creare un clima di terrore nel paese e utilizzare la commissione Zero Day (che Dreyer era sicuro gli sarebbe stata affidata) per riportare la nazione sulle giuste rotaie e unire la popolazione ormai troppo divisa da estremismi e conflitti ideologici.

La serie si conclude senza chiarire definitivamente lo stato dell’opinione pubblica alla fine della vicenda: la contrapposizione tra il fatto che uno dei tanti complotti ipotizzati da Evan Green si sia infine rivelato reale e l’onestà del resoconto di Mullen prepara infatti le basi per l’inasprimento di un conflitto sociale già degenerato e probabilmente destinato a diventare sempre più pericoloso.

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Da dove proviene il malware utilizzato per attaccare la vulnerabilità zero-day dello show Netflix?

Il software utilizzato per l’attacco terroristico raccontato in Zero Day è stato sviluppato dalla National Security Agency e modificato grazie ai mezzi delle aziende della Kidder per poter penetrare in qualsiasi tipo di dispositivo e sistema operativo.

Gli attentatori hanno potuto avvalersi della complicità involontaria di un ex dipendente della NSA che aveva deciso di fornire il malware poi usato per l’attacco a un collettivo di hacker di New York, con lo scopo di scoperchiare le nefandezze degli organi governativi, venendo però a sua volta tradito dal gruppo (che aveva anche legami con l’intelligence russa), che, in cambio di soldi, aveva quindi venduto l’arma a un membro de I Mietitori in combutta con i golpisti.

Se il primo attacco trova del tutto impreparata la nazione, la seconda volta che il programma viene utilizzato vede una pronta risposta da parte dei tecnici della commissione Zero Day che, attraverso il rilascio di una serie di patch, riesce a far tornare tutto alla normalità in un lasso di tempo relativamente breve.

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Il programma Proteon

Un altro arco narrativo fondamentale di Zero Day è quello relativo alle difficoltà cognitive provate da George Mullen nei primi giorni dell’indagine e la paventata possibilità che dietro ci fosse un’arma ipertecnologica capace di colpire a distanza il cervello dell’obiettivo.

La parola Proteon viene ricordata dall’ex presidente durante uno dei suoi tentativi di ricostruire la chiamata con il suo informatore, ma non è mai stato chiarito se l’idea provenisse in realtà soltanto dai ricordi di Mullen riguardo lo sviluppo del sistema o se davvero l’amico avesse cercato di avvisarlo del pericolo.

In questo secondo caso resterebbe da chiarire l’identità degli eventuali esecutori di quest’offensiva, aprendo le porte a un nuovo mistero e a tutta una serie di implicazioni relative anche all’inchiesta principale.

Al contrario, se il progetto Proteon non fosse stato riattivato affatto, ci sarebbe da concludere che le amnesie e le allucinazioni di cui ha sofferto Mullen sarebbero da imputare a un principio di deterioramento della sua razionalità.

Per entrambe le opzioni viene chiamata in causa la mangiatoia posta nel giardino della residenza di Mullen: se è vero infatti che già prima dell’attacco l’ex presidente è convinto di averla riempita pur trovandola quasi vuota (sicuro tra l’altro di parlare con il suo ormai ex assistente), alla fine dell’ultima puntata, il protagonista trova all’interno del tubo di plastica un residuo di apparecchiatura elettronica, che, per quanto sminuito di valore da Valerie, potrebbe far immaginare qualcosa di più sinistro.

Cos’è una vulnerabilità zero-day?

Una vulnerabilità zero-day è un tipo di falla in un sistema informatico di cui nessuno (a partire dagli sviluppatori del sistema stesso) è a conoscenza prima che venga esposta da un attacco mirato che si prefigge di sfruttarla.

Una volta scoperta la breccia, i malintenzionati possono utilizzarla per inserire, nel software o nell’hardware preso di mira, un malware o un altro tipo di codice malevolo, che permetta loro di accedere a qualsiasi tipo di funzione del sistema.

Al contrario di quanto succeda per i bug già noti, il lavoro di risoluzione di una vulnerabilità ancora ignota risulta molto più lungo e complicato, in quanto i programmatori devono lavorare da zero e senza alcuna informazione per la realizzazione di una patch destinata a risolvere il problema.

Considerando come, almeno dal punto di vista teorico, non esista alcun software privo di bug e che, una volta risolti i problemi conosciuti, resti l’incertezza su qualsiasi altra falla ancora da conoscere, la minaccia di un exploit di questa natura è presa in forte considerazione tanto dagli organi nazionali quanto dalle azienda private produttrici di hardware e software.

In questo senso, i produttori sono spesso disposti a pagare cifre importanti a chiunque, scoprendo un bug sconosciuto, venda loro l’informazione, permettendo così di agire per tempo ed evitare l’eventualità di un exploit.

La crescente interconnessione di sistemi e la dipendenza dall’universo digitale dell’epoca contemporanea hanno reso questi buchi una minaccia globale a cui gli stati nazionali hanno cominciato da tempo a dare attenzione sia dal punto di vista difensivo che da quello di un approccio offensivo.

Più fonti hanno già avuto modo di rivelare come la NSA avrebbe incrementato i propri sforzi per scoprire questo tipo di brecce o per acquistare le informazioni relative da gruppi di hacker che ne siano venuti in possesso.

Uno degli attacchi zero-day più noti e politicamente rilevanti è stato rappresentato da quello messo in pratica grazie al worm Stuxnet, scoperto nel 2010, che, sfruttando ben quattro vulnerabilità sconosciute, è riuscito ad attaccare gli impianti adibiti a portare avanti il programma nucleare iraniano, creando uno scandalo internazionale e alimentando la consapevolezza dei governi e dell’opinione pubblica di essere all’alba di un nuovo tipo di guerra

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Fonte: Zero Days, Thousands of Nights