Freedom Writers: la motivante storia vera che ha ispirato il film con Hilary Swank

Freedom Writers, film del 2007 scritto e diretto da Richard LaGravenese e che vede Hilary Swank nei panni della giovane professoressa protagonista della vicenda, è stato tratto da un’ispirante, intensa e commovente vicenda reale.

Al di là di alcuni momenti strettamente cinematografati, l’opera del filmmaker nato a Brooklyn, mette in scena con dovizia di particolari l’esperienza di Erin Gruwell con i ragazzi della sua classe di liceo della Los Angeles della metà degli anni ’90, ricordando a tutti l’importanza del lascito alla comunità di storie di questo tipo.

A partire da un cenno storico riguardo le premesse dei fatti, avvenuti solo pochi anni dopo la cosiddetta Rivolta di Los Angeles, e arrivando fino ai giorni nostri per scoprire cosa abbiano lasciato in eredità al mondo i Freedom Writers, andiamo dunque ad analizzare la storia vera della Gruwell e dei suoi ragazzi, senza tralasciare le controversie generate nel tempo da un racconto così potente.

Dopo aver riportato la terribile storia vera che ha ispirato il film The Order, torniamo dunque a occuparci delle suggestioni che la Settima Arte riceve dalla vita reale, per parlare del viaggio, inatteso quanto poetico, del gruppo di ragazzi dei Fredoom Writers.

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La Rivolta di Los Angeles, il gangsta rap e la violenza di una società frammentata

Per comprendere il clima di tensione razziale vissuto dai ragazzi ritratti nel lungometraggio, bisogna fare un salto indietro nel tempo e addentrarci in una città degli angeli sconvolta, solo due anni prima rispetto all’inizio della vicenda, da una violenta guerriglia urbana scaturita dall’assoluzione di quattro agenti di polizia a seguito dell’arresto e del pestaggio di Rodney King.

I sei giorni che seguirono la decisione del tribunale videro la comunità nera reagire con veemenza a quello che venne considerato un giudizio figlio di una mentalità razzista e colpevole di non aver punito l’abuso delle forze dell’ordine nei confronti dell’uomo.

Le rivolte scoppiarono in diversi quartieri di Los Angeles, coinvolgendo praticamente tutta la città e richiedendo l’intervento della Guardia Nazionale e dell’esercito, schierati al fianco della polizia dal governatore dell’epoca e dal presidente George H. W. Bush.

Gli scontri, che alla fine fecero registrare 63 morti, migliaia di feriti e la devastazione di molte zone (soprattutto quelle più povere di Los Angeles), misero in luce la difficoltà dei riottosi nel canalizzare la rabbia accumulata, che finì per essere orientata soprattutto all’indirizzo di altre minoranze, nel più classico degli scenari della guerra tra poveri.

Con gli sforzi delle istituzioni rivolti a difendere i quartieri ricchi e bianchi e a fare in modo che i disordini non si estendessero ad altre città degli Stati Uniti, la Rivolta di Los Angeles finì per accentuare il divario di status tra i bianchi e i cittadini di altre etnie, alimentando il conflitto tra collettività che si ritrovavano a condividere la vita nelle periferie più degradate.

Nello stesso periodo storico, il gangsta rap si stava diffondendo con forza nel movimento hip hop americano, rafforzando il mito delle gang chiamato a sostituire il senso di appartenenza a una società ritenuta lontana, estranea e troppo spesso avversa. 

Artisti quali Tupac Shakur, Snoop Dog, Dr. Dre e gli N. W. A. per la costa occidentale e come Notorious B.I.G., Nas e i Public Enemy per quanto riguardasse la zona atlantica divennero portavoce di un malessere diffuso all’interno della comunità afroamericana, presentando testi di forte critica sociale nei confronti dei mass media e delle istituzioni, denunciando le ingiustizie perpetrate dalla polizia e contrapponendo all’indifferenza dello stato il percepito senso di fratellanza delle gang.

Tupac (citato anche nel film), in particolare, ebbe la capacità di divenire una star dell’industria discografica e un attivista il cui seguito riuscì a scavalcare barriere etnografiche e linguistiche, sapendo presentare la sua visione del mondo e  mostrando tutte le forze, le fragilità e le contraddizioni di un uomo dalle numerose sensibilità (per approfondire la figura di Tupac consigliamo fortemente la visione del documentario Tupac Resurrection, narrato in prima persona dallo stesso artista).

Immergendosi in un contesto di questo tipo è più facile entrare in contatto con la psicologia e con il pensiero dei diversi personaggi presentati nell’opera di LaGravanese, assuefatti all’idea di essere da soli contro il mondo e abbandonati da tutti, in una società a cui non sentono di appartenere.

La violenza, in questo senso, è l’unica risposta che trovano alla violenza subita, in un circolo vizioso difficile da accettare e talmente impetuoso da continuare, in mancanza di ancore a cui aggrapparsi, a trascinarli verso il basso fino alle più estreme conseguenze.

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Erin Gruwell e i Fredoom Writers

Erin Gruwell inizia il suo percorso d’insegnamento nel 1994 presso la Woodrow Wilson High School, mentre è ancora impegnata a completare i propri studi universitari, venendo assegnata a una classe del primo anno che non si prospettava tra le più facili e destinate a rendere in ambito scolastico.

Il confronto con i ragazzi, uno dei quali trasferito di complesso dopo l’accusa di aver puntato una pistola contro un insegnate, si rivela subito complicato per la giovane insegnante costretta anche a un doppio lavoro per potersi pagare l’università.

Dopo aver intercettato una caricatura razzista di uno dei ragazzi e aver fatto notare alla classe come atteggiamenti simili a quelli abbiano portato a tragedie come l’olocausto, si rende conto della grave mancanza di basi culturali dei suoi studenti e prepara un piano d’insegnamento non convenzionale che aiutasse i giovani a scoprire l’importanza della tolleranza e del rispetto reciproco, trasformando un gruppo di estranei in una specie di famiglia.

Aiutata da diverse associazioni e imprenditori, tra cui John Tu della Kingston, la Gruwell si dedica alla sua missione fino a rendersi conto di come l’esempio della sua classe potesse essere d’ispirazione per le altre scuole e più in generale per la società americana.

In una vecchia intervista, infatti, la donna ha spiegato:

Alzando l’asticella, i miei studenti hanno potuto aumentare le loro aspettative e aspirare a cambiare se stessi e la loro comunità. Mi sono resa conto che se si riesce a cambiare una classe si può cambiare una comunità e se si cambiano abbastanza comunità si può cambiare il mondo

L’idea che i ragazzi tenessero un diario per poter esprimere i propri sentimenti divenne così parte di un progetto più ampio che riuscisse a rendere partecipi e orgogliosi del proprio lavoro gli studenti e a testimoniare il risultato raggiunto nel percorso scolastico.

Dopo i 4 anni passati a seguire la sua prima classe, la Gruwell passò all’insegnamento universitario, ritrovando nel percorso alcuni dei suoi allievi e riuscendo a vedere realizzato il sogno della pubblicazione del libro The Freedom Writers Diary.

The Freedom Writers Diary, l’associazione benefica e il seguito del libro

Il 1997 vide la nascita della fondazione Freedom Writers, creata da Erin Gruwell e John Tu per perseguire l’obiettivo di dare l’opportunità a tutti gli studenti di raggiungere il proprio massimo potenziale diffondendo ideali di uguaglianza e tolleranza e spingendo i ragazzi ad avere un ruolo attivo nelle comunità d’appartenenza.

Il nome dell’associazione e del collettivo di ragazzi fu ispirato dalla ribellione dei Freedom Riders, che negli anni ’60 del secolo scorso misero in atto una protesta contro la segregazione razziale organizzando dei viaggi in autobus che non rispettassero le leggi sull’assegnazione dei posti.

Nel 1999 venne pubblicato The Freedom Writers Diary, una raccolta dei diari scritti dagli studenti della Gruwell e diventato nel tempo un punto di riferimento per gli educatori di tutto il mondo, venendo tradotto in diverse lingue, ottenendo l’attenzione dei mass media e finendo per diventare la principale suggestione del film con protagonista la Swank.

A riprova dell’incredibile eredità lasciata dal libro, nel 2022 i racconti di una nuova generazione di Freedom Writers sono stati riuniti nell’ideale seguito del primo lavoro, Dear Freedom Writer, chiamato a raccontare le sofferenze e le difficoltà della nostra contemporaneità e completato da lettere di risposta ai giovani scrittori da parte degli autori originali.

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Le controversie sul ruolo della Gruwell e sulla figura del White Savior

Come ogni storia di una certa rilevanza, anche quella di Erin Gruwell e dei suoi studenti ha dovuto interfacciarsi con critiche e opinioni sottese a rivelare gli aspetti meno romantici e più controversi della vicenda.

Il fatto che il film e ancora prima l’opinione pubblica abbiano messo al centro dell’attenzione l’operato della Gruwell, sottostimando il ruolo dell’intero apparato scolastico e degli altri insegnanti, ha costituito una fonte di polemica relativa anche alle intenzioni e agli interessi della stessa protagonista nell’intera questione.

Allo stesso modo, e forse in maniera anche più rilevante, è stato fatto notare come la figura della Gruwell possa essere accomunata a quella di un white savior a cui i liceali hanno dovuto affidarsi e senza il quale non sarebbero riusciti autonomamente a uscire dalle proprie difficoltà.

Il paradosso di questa situazione dovrebbe far riflettere su un senso di razzismo implicito ancora più pericolo rispetto a quello esplicitato da gesti, azioni e parole e che continuerebbe a mettere il bianco al centro del mondo sottintendendo un qualche tipo di superiorità culturale rispetto ai destinatari dell’aiuto.

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Chi sono oggi i Freedom Writers

Tutti i Freedom Writers sono riusciti a diplomarsi e, in alcuni casi, i ragazzi della Gruwell ebbero l’opportunità e la forza di completare la propria istruzione in ambito universitario, arrivando alla laurea o a titoli di studio ancora più avanzati.

L’impatto della fondazione sulle loro esistenze continua a rimanere centrale nelle vite di questi ex studenti, spesso coinvolti direttamente nel progetto o inseriti in altri programmi dello stesso tenore di quello a cui hanno dato vita.

Il lavoro della Gruwell e dei suoi alunni continua in questo modo a fornire le basi per un’educazione sempre più universalmente accessibile, nel tentativo di riproporre il modello della Classe 203 su una scala più ampia.

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Fonti: Freedom Writers FoundationPress TelegramLos Angeles TimesLos Angeles Times

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