Mandy: un revenge movie allucinato e onirico

Mandy, film scritto e diretto da Panos Cosmatos, uscito nel 2018, disponibile su Prime Video e con protagonista Nicolas Cage, è un revenge movie che fa dello stile visivo allucinato la sua peculiarità più importante, ricercata e affascinante.

L’opera del regista greco, praticamente divisa in due parti, narra prima la storia d’amore tra Red e Mandy, isolati dal mondo nella loro casa in mezzo al bosco, e poi la rabbiosa vendetta dello stesso protagonista in seguito all’uccisione della compagna da parte dei membri di una setta.

Frutto di una realizzazione tecnica tutt’altro che banale, Mandy porta lo spettatore in un mondo in cui ogni limite tra il razionale e l’irrazionale si fa labile e in cui la dimensione onirica e allucinatoria diventa a tutti gli effetti il fulcro centrale della narrazione.

Dopo aver condiviso la nostra recensione di Older Gods, horror lovecraftiano indipendente proveniente dall’Inghilterra, tuffiamoci dunque nel folle racconto di Mandy per analizzare pregi e difetti di una produzione che, nel bene o nel male, non può certo lasciare indifferenti i fan del genere.

Mandy
Mandy recensione
Nicolas Cage
Panos Cosmatos
Prime Video

La trama di Mandy

Red e Mandy passano le giornate nella casa in mezzo al bosco nella quale si sono ritirati per vivere la propria storia d’amore, dandosi sostegno l’un l’altro e cercando di guarire dai traumi che li hanno segnati.

L’idillio viene spezzato dall’improvviso arrivo dei membri di una setta che bruciano viva Mandy e lasciano Red legato e quasi in fin di vita prima di allontanarsi e tornare al proprio santuario costruito nel deserto.

Accecato dalla rabbia, l’uomo si metterà alla ricerca dei responsabili e dei loro complici, pronto a mettere in gioco tutto per soddisfare il proprio bisogno di vendetta e rendere in qualche modo giustizia al ricordo della compagna.

Un viaggio psichedelico tra poesia e perversione

Al di là delle vicende messe in scena nel prodotto confezionato da Cosmatos, appare chiara sin da subito l’intenzione dell’autore di costruire Mandy come un viaggio dalle incredibili suggestioni visive, facendo diventare il film un’allucinazione fatta di colori improbabili e psichedelici che esprimono la vera essenza dell’opera.

Il senso stesso della caccia messa in atto dal protagonista sembra quasi perdere d’importanza, sommersa e annacquata dallo stato alterato della realtà che trasforma la vittima rendendola tanto simile al carnefice da rendere le due figure in qualche modo indistinguibili.

La violenza presentata in Mandy è talmente impersonale da essere depotenziata e fine a se stessa, inutile quanto la vendetta e forse ancora meno concreta delle allucinanti visioni che tormentano il personaggio interpretato da Cage, intrappolato in un incubo le cui radici sembrano andare molto più in profondità rispetto al fattore che fa esplodere la reazione che lo trascinerà fino alla fine del racconto.

La piatta serenità che all’apparenza pervade le vite di Red e Mandy all’inizio dello storia somiglia quasi a una telo utile a velare qualcosa di molto più viscerale che tiene nascosto e che attenua anche la saturazione della fotografia, slavata e priva di rotondità nelle lunghe sequenze senza ritmo che precedono l’implacabile furia della seconda metà del lungometraggio.

Già dall’inizio, infatti, l’evidente cicatrice e i ricordi di Mandy possono suggerire un passato complicato della donna così come la mancanza di vitalità di Red lasciano solo immaginare i demoni contro cui l’uomo ha combattuto e con i quali sta ancora lottando.

Anche il ritmo, privo di veri scossoni e tanto lineare da somigliare a un sogno in cui tutto si sussegue senza alcuna soluzione di continuità e senza picchi di tensione risolutori, lascia trasparire un malessere di fondo che si fa nucleo stesso della narrazione e che continua a diventare sempre più sovrastante fino alla sequenza finale in cui nulla è davvero risolto.

Mandy
Mandy recensione
Nicolas Cage
Panos Cosmatos
Prime Video

Un esercizio di stile riuscito e ammaliante

Anche dal punto di vista tecnico, Mandy deve tantissimo all’ispirazione di questa tragedia allucinata, a partire dal contrasto della fotografia, continuamente modificato a seconda della situazione, passando dalla staticità dei movimenti di camera e fino ad arrivare ai piani ravvicinatissimi sui volti privi di espressione di tutti i protagonisti.

La bellissima colonna sonora di Jóhann Jóhannsson rende ancora più immersiva l’esperienza di una visione che sa essere disturbante senza eccedere con il gore o con la violenza esplicita (se non in un paio di occasioni) e che alterna momenti cupi e perversi ad altri tanto improbabili e assurdi da spiazzare lo spettatore.

La scelta di inserire sequenze animate sembra mossa dalla stessa intenzione di lasciare il pubblico in una specie di limbo indefinito e malato in cui nulla è davvero reale e in cui dolore, sofferenza, rabbia e apatia si mescolano in un’insana tavolozza.

L’unica eccezione a questa regola è rappresentata dalla scena in cui Nicolas Cage prende consapevolezza di quanto accaduto e in cui sfoga una rabbia palpabile e concreta semplicemente rimanendo seduto al bagno a urlare e a bere da una bottiglia che aveva tenuto nascosta.

In questo senso, l’interpretazione del nipote di Coppola appare magistrale dall’inizio alla fine, con l’attore di Long Beach che riesce a dare vita a un personaggio che sembra tornare umano soltanto a sprazzi prima di ricadere in un oblio mai davvero esplorato e spiegato ma reso e mostrato magistralmente sullo schermo.

Mandy è un horror che non ha bisogno di mostri

In buona sostanza, Mandy è un film che merita di essere visto e che potrebbe soddisfare gli amanti degli incubi onirici e indefiniti tipici dei racconti di H. P. Lovecraft: al contrario di quanto avviene però per le creature del Solitario di Providence, i cui abomini sono talmente lontani dalla concezione umana da essere indescrivibili, i mostri presentati da Cosmatos e impersonati dai demoni evocati dalla setta nascondono la propria umanità dietro un aspetto terrificante definito da perversioni alimentate fino all’estrema conseguenza di trasformarli fisicamente.

Il racconto però non ha davvero bisogno di questi esseri bizzarri o di carrellate di sangue per esprimere tutto il suo carattere e colpire lo spettatore allo stomaco, lasciandolo confuso e affascinato alla fine dei titoli di coda.

Il vero punto forte della narrazione risiede infatti nella visionarietà di un racconto che è sconvolgente e violento nella piattezza impossibile da decifrare con cui il regista riesce a presentarlo e a caratterizzarlo.

Voto: 7.5

Mandy
Mandy recensione
Nicolas Cage
Panos Cosmatos
Prime Video

Torna in alto