Warfare, Alex Garland sul punto di vista del suo nuovo film: “Ci siamo rifiutati di fare editoriali”

Dopo il grandissimo successo di Civil War, Alex Garland si prepara a presentare il suo nuovo lavoro, Warfare, intenzionato a racontare la storia vera di una squadra di militari durante una delle missioni che ha visto coinvolto l’esercito americano durante la seconda guerra in Iraq.

Nel corso di un’intervista promozionale dedicata al film, il regista ha avuto modo di trattare diversi argomenti, rispondendo anche a proposito della prospettiva americanocentrica della narrazione della sua nuova opera, scritta e diretta insieme al veterano di guerra Ray Mendoza.

Dopo aver condiviso la nostra recensione di Civil War, andiamo dunque a occuparci di questa nuova produzione targata A24 per riportare le parole del filmmaker britannico sulla complessa e spinosa questione legata al punto di vista utilizzato per mettere in scena il lungometraggio.

Warfare
Alex Garland
A24
Warfare intervista
Ray Mendoza

Warfare racconta il tragico svolgimento di una missione segreta di un gruppo di Navy Seal caduti in trappola e circondati dalle forze nemiche nel territorio mediorientale che ha visto l’intervento statunitense nel primo decennio del ventunesimo secolo.

Stando alle dichiarazioni degli autori, il film si propone di raccontare la vicenda nel modo più realistico possibile, nonostante Mendoza e lo sceneggiatore di 28 Giorni Dopo abbiano ammesso come sia stato complicato dipingere un quadro che fosse condiviso da tutti i protagonisti che abbiano vissuto in prima persona dei fatti tanto coinvolgenti a livello emotivo.

Interrogato a proposito della controversa scelta di molti film di guerra, compreso Warfare, di proporre la storia toccando soltanto di striscio il senso della tragedia vissuta dall’altra fazione in gioco, e in questo caso da parte dei cittadini iracheni che hanno visto la propria vita completamente stravolta, Alex Garland ha spiegato come la decisione di raccontare la storia vissuta dai militari sia stata in questo senso determinante:

È una domanda del tutto legittima e la risposta si basa sulla fiducia nella memoria. La conclusione che trarrei, avendo parlato con queste persone, è che la persona con cui stai parlando è qualcuno che sta ricordando un momento in cui ha avuto un’intensa visione a tunnel. Il punto è che ci siamo rifiutati di fare editoriali. Se questo film ha una qualche forza, credo che derivi proprio da questo

Warfare
Alex Garland
A24
Warfare intervista
Ray Mendoza

Una scelta precisa, quindi, quella portata avanti dalla produzione, utile a raccontare un racconto di un certo tipo che esuli da qualsiasi discussione sul più ampio contesto della situazione bellica e dal punto di vista di quello che invece viene ritratto semplicemente come il nemico.

Fonte: Vanity Fair

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