Delicious: la discussione sulla lotta di classe ai tempi di Netflix

Delicious è un thriller del 2025 scritto e diretto da Nele Mueller-Stöfen, al suo debutto da regista, e distribuito direttamente in streaming da Netflix dopo essere stato presentato al Festival Internazionale del Cinema di Berlino.

Il film, di produzione tedesca e ambientato nella Francia del sud, presenta una storia in cui la tensione diventa subito protagonista e che viene raccontata in uno stile forse non del tutto originale ma certamente studiato e accattivante.

Il sottotesto della narrazione, esplicitato già dalle primissime scene, è affrontato in modo diretto e senza alcun tentennamento, per quanto, forse, mancando di un po’ di incisività e presentando una risoluzione finale troppo frettolosa.

Delicious
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Thriller

La trama di Delicious

Una ricca famiglia tedesca si trova in vacanza nella propria casa francese proprio mentre il paese transalpino è sconvolto da una serie di proteste e manifestazioni, anche di carattere violento, riferite a una sempre più pressante difficoltà delle classi meno abbienti.

Dopo una serata in un ristorante di lusso, John, Esther, Alba e Phillip diventano vittime di un raggiro orchestrato da un gruppo di camerieri del locale che inscenano l’investimento da parte dell’uomo di una delle componenti del gruppo.

La decisione dei membri della famiglia di comprare il silenzio della ragazza per evitare guai con la legge si rivelerà una scelta del tutto sbagliata e che metterà a rischio gli equilibri, la serenità e la vita stessa dei fortunati e quasi inconsapevoli villeggianti.

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Un home invasion con il retrogusto di critica sociale

Per quanto certamente non inedito e spesso messo in ombra da altre questioni che interessano l’agenda pubblica, il tema trattato da Delicious rappresenta una delle criticità più sentite e preoccupanti della nostra contemporaneità.

Il divario sociale tra una classe di super ricchi e una stragrande maggioranza di popolazione che si ritrova a essere sempre più povera e la percezione stessa di questa frattura continuano infatti a minare le società in cui viviamo, minacciando, nelle loro espressioni più estreme, la sopravvivenza stessa delle democrazie e della pace sociale.

L’argomento viene portato sullo schermo sin dalla prima scena, emblematica del senso di sicurezza, probabilmente dettato da una mancanza di consapevolezza, esternato dai John e da Esther mentre la famiglia si ritrova in macchina, bloccata dalla guerriglia urbana che vede coinvolti i manifestanti.

Allo stesso modo, l’indifferenza riservata ai camerieri e la sufficienza con cui viene trattata Teodora nel prologo della storia, servono a ribadire la difficoltà, l’insofferenza o persino l’incapacità dei protagonisti a mettersi sullo stesso piano di coloro i quali non possano godere dei loro stessi privilegi, e che diventano pedine da sacrificare per il mantenimento di uno stato acquisito e da conservare a tutti i costi.

Molto interessante, in questo senso, la metafora dell’infestazione da controllare prima che diventi insostenibile, che acquista un significato ambivalente e ambiguo a seconda dei casi e del punto di vista che sottintende.

Perché quello mostrato in Delicious è un sentimento in qualche modo condiviso da entrambe le parti chiamate in causa: all’insensibilità della ricca famiglia e dei conoscenti con cui condividono la vacanza, infatti, sono contrapposte la rabbia e la fame di rivalsa dei ragazzi che, per parafrasare Fight Club, servono loro il cibo.

Questi ultimi non vengono infatti presentati come ingenui, innocui o incapaci di essere violenti, in un tentativo, non del tutto riuscito, di raccontare il fenomeno in maniera più o meno imparziale e quasi senza voler troppo giudicare i comportamenti dell’una e dell’altra parte.

Una scelta narrativa che, al contrario di quanto visto in un film dai toni completamente diversi ma dalle tematiche simili come Vampires Vs the Bronx, sembra quasi privare il thriller scritto dall’autrice nata ad Amburgo di un villain ben definito e di vittime innocenti e di cui prendere pienamente le parti.

Se da una parte questa non presa di posizione risulta interessante per quanto riguardi un’analisi analitica della questione, lo scarso approfondimento delle dinamiche dei due gruppi sociali, uno studio sui personaggi un po’ approssimativo e  la fin troppo rapida escalation presentata nel finale incidono sulla messa in scena di un prodotto che, alla fine dei conti, non risulta abbastanza originale da stupire fino in fondo e che manca di energia nella sua fase conclusiva.

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Una regia ispirata e una colonna sonora efficace e minimalista

I lavori fatti dalla Mueller-Stöfen dietro la macchina da presa e da Andreas Wodraschke in fase di montaggio risultano articolati, degni di nota e caratterizzati da evidenti influenze che sembrano derivare dalle opere di Wes Anderson e da uno stile da videoclip musicale che aiuta a costruire il ritmo della narrazione.

Purtroppo, quanto detto per il finale dello script vale anche per la realizzazione più squisitamente tecnica, che perde di carattere e personalità con il prosieguo del racconto, diventando, se si escludono un paio di trovate interessanti, più anonima.

Anche la scelta dei colori vive di alti e bassi che dimostrano una certa stanchezza e immaturità nel portare avanti un prodotto che si assesta sull’ora e quaranta di girato, mentre la colonna sonora, quasi sempre soltanto di sottofondo, detta la cadenza di una tensione che tiene dall’inizio alla fine lo spettatore incollato allo schermo.

Tra le prestazioni dei componenti del cast spicca senza dubbio quella di Carla Díaz, la Teodora capace di pianificare l’inesorabile scollamento tra i membri del gruppo familiare e, di fatto, sia protagonista che villain della storia.

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Delicious, pur senza inventare nulla, riesce a scuotere e a intrattenere

Delicious è un film che dimostra carattere e che scorre sullo schermo regalando attimi di riflessione e momenti cinematografici ben orchestrati nonostante l’unico spunto che sappia essere davvero originale venga lasciato per il colpo di scena finale anticipato da tanti piccoli indizi disseminati nel corso dello svolgimento dell’opera.

Il thriller distribuito da Netflix e prodotto dalla francese Cactus Films e dalla teutonica Komplizen Film, senza scavare troppo nel profondo, sa essere torbido e morboso al punto giusto, risultando, purtroppo e al contrario di molte altre produzioni degli ultimi tempi, un po’ troppo breve e quasi mozzato di una conclusione costruita in maniera adeguata.

Al di là di questi piccoli difetti, ci sentiamo certamente di consigliarne la visione a tutti gli appassionati del genere e di promuovere senza riserve l’ennesimo film europeo in grado di dare lustro al catalogo della piattaforma dalla N rossa.

Voto: 7/10

6 commenti su “Delicious: la discussione sulla lotta di classe ai tempi di Netflix”

  1. Il finale è molto sbrigativo: genitori divorati, Alba convertita alla lotta, il ragazzo lasciato solo a pasteggiare, inconsapevole (capirà, credo, dopo aver sputato la fede), con la carne di John, ma non se ne capisce la ragione. Qual è il suo ruolo finale?
    Illuminate la mia ignoranza

  2. Niente di entusiasmante. Strizza l’occhio ad Haneke e ad altri film che pero’ erano molto più convincenti come Parasite, Speak No Evil … Il finale oltre che essere imbarazzante è poi grottesco e ridicolo . Il messaggio poteva essere sceneggiato in maniera più incisiva , ne risulta un film che alla fine perde tutto.

  3. Orribile e disgustoso in più punti. Finale senza senso. Dall’inizio ti fa provare odio nei confronti di questi delinquenti che lavorano all’hotel. Anche la scena dell’incidente è poco credibile, colpo fortissimo e lei solo con un taglio al braccio…con un colpo cosi come minimo era morta. TERRIBILE, sconsigliato.

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