Scritto e diretto dalla regista francese Coralie Fargeat, The Substance è un horror con protagonista Demi Moore che, sebbene non sia riuscito ad aggiudicarsi l’ambita statuetta come miglior film agli Oscar 2025, ha riscosso un’enorme successo di critica e ha trionfato al Festival di Cannes dello scorso anno per la sua sceneggiatura.
Al fianco di Demi Moore in questa pellicola, prima opera in lingua inglese della filmmaker che ne è anche produttrice, troviamo Margaret Qualley, già apparsa in C’era una volta a… Hollywood di Quentin Tarantino e nella serie tv Netflix Maid, e Dennis Quaid, mai candidato agli Oscar nonostante i quarant’anni di carriera.
Il lungometraggio, premiato al Festival di Cannes e agli Oscar per la categoria trucco e acconciatura, è disponibile, dopo aver riscosso un buon successo al botteghino, su Paramount+.
Dopo avervi proposto la nostra recensione di un’altra pellicola appartenente al filone body horror, From Beyond – Terrore dall’Ignoto, film del 1986 diretto da Stuart Gordon, liberamente ispirato al racconto Dall’Ignoto di Lovecraft, siamo qui oggi a parlare dell’opera di Fargeat che, stando ai risultati ottenuti, ha saputo ridare lustro e popolarità a un genere cinematografico di nicchia.
The Substance: trama del body horror con Demi Moore
Nel giorno del suo cinquantesimo compleanno, Elisabeth Sparkle, già attrice Premio Oscar, il cui nome appare sulla Walk of Fame di Hollywood, e, soprattutto, volto noto della tv per un programma sul fitness, scopre casualmente che verrà fatta fuori dal palinsesto: il produttore, infatti, è alla ricerca di una conduttrice nuova e più giovane per rimpiazzare la donna.
Sconvolta per la notizia, che la colpisce come un pugno in faccia, la Sparkle rimane coinvolta in un incidente stradale, uscendone, miracolosamente, illesa: mentre viene dimessa dall’ospedale, un infermiere, dalla pelle turgida e i lineamenti perfetti, la nota e le riferisce, esaminandole la colonna vertebrale, di essere la candidata perfetta.
Uscita dall’edificio, la donna si ritrova in tasca una chiavetta USB con la dicitura The Substance e un numero telefonico, composto il quale, inizia l’avventura della protagonista nel mercato nero del ringiovanimento e della bellezza estetica, tra procedure precise e standardizzate che ne faranno la matrice simbiotica di un clone più giovane e attraente.

The Substance: una regia impeccabile per un body horror contemporaneo
La sceneggiatura del secondo lungometraggio firmato da Coralie Fargeat copre in maniera perfetta i centoquarantuno minuti in cui si sviluppano le assurde vicende che vedono protagonista Elisabeth: nonostante lo snocciolarsi dell’intreccio possa apparire lampante fin da subito e un pizzico scontato allo spettatore più smaliziato, la regia non perde neanche un secondo in dettagli poco significativi o inutili nel procedere del racconto.
L’utilizzo del colore, decisamente pop e saturo, appare pienamente calzante per la storia portata in scena dal cast, nel quale spicca una Demi Moore estremamente convincente, capace di colpire lo stomaco dello spettatore che si trova, volente o no, a immedesimarsi nella sua sofferenza, grazie alla sua intensa ed espressiva mimica facciale.
Non di meno, la scelta di rendere più cupe le immagini sullo schermo nell’apice drammatico della trama, nel momento in cui, senza anticipare nulla, l’inevitabile accade, è perfetta e confacente a una regia impeccabile che, a nostro avviso, avrebbe meritato l’ambita statuetta.
L’opera della regista francese, infatti, oltre a dar spazio a un genere cinematografico troppo spesso considerato di serie b e riservato ai soli spettatori appassionati, è un’ode all’arte in toto: l’indugiare della camera su dettagli simbolici, che sintetizzano l’evolversi dell’interiorità del personaggio principale, e i diversi riferimenti sia al mondo del cinema, con il corridoio dello studio televisivo di Harvey che ricorda sinistramente quello dell’Overlook Hotel di Kubrick, che a quello della pittura, con il chiaro riferimento, nelle battute finali, al Caravaggio, fanno di The Substance un’opera visivamente impeccabile e d’impatto.

Bellezza e dismorfia: i temi trasposti sullo schermo da The Substance
Al centro della vicenda di Elisabeth e dalla sua controfigura simbiotica, la venticinquenne Sue (Margaret Qualley), spicca il dramma che investe da sempre, sì, ma con un’impennata drammatica nei tempi contemporanei, l’essere umano: il decadimento corporeo e lo sfiorire della bellezza che, come natura impone, investono ogni persona che si trovi a condurre la propria vita su questo pianeta.
In particolare, la condizione della donna, sia essa una stella del cinema, una diva del piccolo schermo o una sconosciuta ai più, diviene protagonista in un mondo in cui rispettare i canoni estetici è il pilastro portante per l’accettazione e la legittimazione del proprio Io da parte degli altri, siano essi vicini di casa, datori di lavoro o passanti per strada, ma anche e soprattutto ai propri occhi riflessi in quello che da mero oggetto d’arredamento può divenire una prigione: lo specchio.
Posta di fronte alla propria immagine riflessa, costretta a fare i conti con gli anni che inevitabilmente passano e lasciano i propri segni, nessun commento esterno positivo può nulla sulla psiche di Elisabeth che, non essendo in grado di accettare con maturità emotiva il confronto con la sé dei tempi d’oro e con il suo clone patinato, si trova a lottare, uscendone ineluttabilmente sconfitta, con una dismorfia imperante.
In questa violenta guerra con il proprio sguardo, sempre giudicante, i commenti inappropriati e disumanizzanti del maschio di turno vengono relegati in un angolo: The Substance non è un film che porta sulla scena l’abbrutimento della società per una presunta colpa delle leggi non scritte del patriarcato, ma, in maniera più autentica e drammatica, è un’opera che ci svela come il vero nemico sia da ricercare, scavando a fondo, nelle viscere della nostra individualità.

The Substance: vale la pena guardarlo?
Detto questo, vi consigliamo decisamente di dare un’opportunità a questo body horror contemporaneo, anche se non siete appassionati del genere, tenendovi pronti a non farvi impressionare dai litri di sangue portati sulla scena e a digerire le immagini più cruente, perché al fondo delle sequenze impresse su pellicola dalla regista, anche di quelle più splatter, vi sono tematiche, rese in maniera stilisticamente ineccepibile, che dovrebbero far riflettere, seriamente, ognuno di noi.
Voto: 8/10
