Quella di Final Destination è una delle saghe horror più originali e di successo dell’inizio del ventunesimo secolo, sviluppando un’idea intrigante e proseguendo sulla strada intrapresa da altri franchise del genere decisi a rivolgersi a un pubblico di giovanissimi.
Lo script per il primo film della serie, uscito nel 2000 e diretto da James Wong, era però stato originariamente pensato per essere messo in scena come un episodio di X-Files e quindi trasformato solo successivamente nel prodotto che sarebbe divenuto.
In attesa di poter vedere nelle sale Final Destination Bloodlines e dopo aver condiviso la storia del sequel di E.T. che non ha mai visto la luce, andiamo a scoprire i dettagli della curiosa genesi di Final Destination attraverso le parole che i suoi creatori hanno rilasciato nel corso di una recente intervista.

In occasione del 25esimo anniversario dall’uscita del film, Variety ha proposto una corposa intervista con il team creativo dietro il progetto e sviscerando una serie di indiscrezioni sulla realizzazione del lungometraggio.
Jeffrey Reddick, autore del primo script ha avuto modo di spiegare in questo contesto la nascita dell’opera, ispirata a una storia letta su una rivista e in cui una donna, in seguito a una premonizione, era scesa da un aereo che si sarebbe successivamente schiantato:
Quando ho letto l’articolo mi è venuta in mente una cosa: cosa sarebbe successo se in realtà lei avesse ingannato la Morte per poi essere inseguita dalla stessa? Ho scritto quell’idea come sceneggiatura di X-Files. Quindi è stata una fortuna che il film sia stato affidato ai produttori esecutivi di X-Files, James Wong e Glen Morgan, due dei miei sceneggiatori preferiti di sempre

A dispetto di una risposta fredda da parte della critica e di un budget di soli 23 milioni di dollari, Final Destination riuscì a dimostrarsi un successo commerciale grazie agli oltre 112 milioni di dollari incassati a livello globale.
Come rivelato da James Wong, la scelta di trasformare il soggetto originale di Reddick si rivelò una scelta più che azzeccata, viste le diverse potenzialità dei due medium:
Come episodio di X-Files ci si sarebbe concentrati su Mulder e Scully e sulla loro reazione a una serie di morti e al loro tentativo di sopravvivere. Ma in forma di film, la cosa più importante è stato avere il tempo e il budget necessari a realizzare qualcosa di spettacolare e che attirasse davvero il pubblico, dandogli le sorprese desiderate. In uno show televisivo questo è quasi impossibile

Oltre a cambiare il ruolo della Morte, presente fisicamente nella prima stesura e divenuta soltanto una forza incorporea nella forma finale del film, la produzione dovette mettere mano al titolo, considerato, come rivelato da Kerr Smith, poco accattivante:
Quando sono stato scelto per il cast, il nome del film era Flight 180, non un buon titolo. Un giorno stavo parlando con Craig Perry e con Glen sul set e ho detto: ‘Questo titolo è terribile’. E lui: ’Si, lo so. Ci stiamo lavorando’. E una settimana dopo è tornato e ha detto: ‘Final Destination’. E io: ‘Oh, è perfetto’.

Col senno del poi, per quanto sarebbe stato interessante vedere i due detective dello show televisivo alle prese con la Grande Mietitrice e con l’impossibilità di ingannare il suo volere, la scelta di portare sul grande schermo un’idea di base così innovativa è riuscita a fruttare i giusti dividendi alla New Line e a regalare ore d’intrattenimento agli appassionati del genere.
Fonte: Variety