Tremila Anni di Attesa, recensione: Le Mille e Una Notte secondo George Miller

Tremila Anni di Attesa è un film drammatico dai toni fantastici scritto da George Miller e Augusta Gore, diretto dallo stesso Miller, adattato da un racconto di Antonia Susan Byatt e che vede protagonisti Tilda Swinton e Idris Elba.

L’opera si propone di descrivere l’inatteso e sorprendente incontro tra un Genio del mondo arabo ritornato libero dopo una lunga prigiona in una boccetta e una studiosa di miti e narrazioni dedita alle sue ricerche e alla conoscenza della propria materia.

Di produzione australiana e statunitense e targato Metro-Goldwin-Mayer, il lungometraggio del creatore della saga di Mad Max è stato presentato fuori concorso al Festival di Cannes del 2022 ed è stato dedicato ad Angela, madre del regista e a Rena, parente di uno dei produttori.

Dopo aver condiviso i bellissimi bozzetti di preparazione per Mad Max: Fury Road, torniamo dunque a occuparci di George Miller e della sua arte per proporre la nostra recensione di Tremila Anni di Attesa.

Tremila Anni di Attesa
Tremila Anni di Attesa recensione
George Miller
Genio
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La Trama di Tremila Anni di Attesa

La solitaria narratologa Alithea Binnie, in viaggio in Turchia per presenziare a una conferenza sul mutamento del ruolo dei miti nella società contemporanea, riceve in dono da un collega una boccetta acquistata in un negozio di souvenir.

Cercando di pulire il gingillo libera lo spirito di un Jinn che, come da tradizione, le offre, a patto di rispettare regole precise e invalicabili, di esaudire tre desideri che provengano dal profondo del suo cuore.

La donna, consapevole di come le leggende sui Geni avessero sempre nascosto un’ammonizione a stare lontani dal desiderio e dall’avidità, non si fida del tutto dell’essere magico e gli chiede di esporle la sua lunga vita da immortale e le vicissitudini che lo hanno portato a viverla a lungo rinchiuso.

Il Genio, deciso a portare Alithea a esprimere i suoi desideri per poter finalmente essere libero dalla sua maledizione, inizia quindi a parlare del suo passato e delle tre volte in cui si è trovato, suo malgrado a essere imprigionato.

Tremila Anni di Attesa
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George Miller
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Una storia che parla di storie

Quello portato sullo schermo da Miller è un racconto in diversi strati che si compone di molteplici archi narrativi che hanno lo stesso filo conduttore e che si dipanano per i tremila anni di storia riportati nel titolo.

Le tematiche principali dei tre episodi che compongono la vita del Genio e della narrazione relativa al suo incontro con la protagonista vertono principalmente intorno al senso di solitudine e di inadeguatezza provati, in maniera diversa, tanto dalla studiosa quanto dalla creatura mitica.

In maniera meno esplicita, Tremila Anni di Attesa riesce a parlare di ambizione, di possesso, di inganno, di caducità e di modernità senza mai essere troppo enigmatico ed ermetico e allo stesso tempo senza scadere nella banalità o in uno spiegone privo di pathos e personalità.

A farla da padrone sono le idee stesse di storia e dell’incredibile forza che la narrazione possa esprimere sull’animo umano, sempre alla ricerca di qualcosa a cui aggrapparsi per capire l’universo e per dare significato alla propria esistenza.

L’ammonizione tanto temuta dal personaggio interpretato dalla Swinton sembra in questo caso riferirsi al pericolo relativo alla morte dell’immaginazione e all’eventualità che un materialismo troppo spiccato possa trasformare la realtà in qualcosa di freddo e ostile.

La razionalità deviata di Alithea diventa, in questo senso, una gabbia necessaria e di fondamentale importanza ma da cui poter uscire, anche se soltanto in maniera sporadica, per poter continuare a respirare, in una metafora della condizione del Genio e dell’umanità.

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Una fiaba ipnotica e ammaliante

Dopo aver stupito il pubblico con le spettacolari sequenze d’azione di Mad Max: Fury Road, George Miller presenta un prodotto dai toni e dai ritmi completamente diversi in cui l’apparente staticità della situazione è scandita da dialoghi capaci di esprimere le emozioni e gli stati d’animo dei due personaggi principali.

La regia cinetica e avvincente del film con Tom Hardy e Charlize Theron lascia quindi il posto a piani e a campi che si soffermano sui dettagli dei volti e sui particolari degli sfondi regalando un impatto visivo denso e potente, in grado di non soffrire per la mancanza d’azione.

Tremila Anni d’Attesa si lascia assaporare tutto d’un fiato, coinvolgendo con la sua voce tenue e fiabesca e che non necessita di alcun artificio per appassionare e mantenere alto l’interesse nel corso dei suoi 108 minuti di montato.

Ancora una volta, mentre le splendide cornici tecniche e e pratiche diventano soltanto degli strumenti da esporre il meno possibile, il racconto e la tensione del suo viaggio acquisiscono importanza e centralità, restando sempre i nuclei fondanti dell’esperienza.

L’unico orpello che il regista si concede è da riferirsi alla scelta di colori ricercati e suggestivi che, restando coerenti con l’atmosfera, solleticano la fantasia e donano carattere all’estetica del lungometraggio.

I tempi, che sembrano quasi appartenere più alla letteratura che alla Settima Arte, lasciano immergere lo spettatore in un universo narrativo che non annoia mai e che fa perdere la cognizione della realtà portando a desiderare altre ramificazioni della trama.

La conclusione, forse un po’ sbrigativa, racchiude al meglio il significato dell’opera e lascia il sapore dolceamaro tipico dei dei finali che sanno toccare l’emotività e l’intelletto in modo concreto, genuino e sincero.

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Tremila Anni di Attesa e la magia di un racconto ben strutturato

Tremila Anni di Attesa è un film che si lascia scoprire senza urlare e senza voler stupire a ogni costo nonostante l’ottimo lavoro cinematografico per quanto riguardi, regia, montaggio, fotografia, colonna sonora, interpretazioni e costumi.

Un prodotto artistico che racconta i nostri tempi e che mette a nudo la fragilità nostra e della nostra realtà attraverso una sentita riflessione sulla bellezza e l’importanza di restare aggrappati alla fantasia e alla libertà che rappresenta.

In definitiva, quello di Miller è un film che rasserena, conforta ed emoziona e che, a dispetto della classificazione R come vietato ai minori di 17 anni, meriterebbe di essere visto da chiunque, a prescindere dall’età anagrafica.

Voto: 8.5/10

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