Black Mirror 7, Hotel Reverie: spiegazione del perché il lieto fine dell’episodio apra alla riflessione

Hotel Reverie, terzo episodio di Black Mirror 7, introduce l’argomento dell’uso dell’intelligenza artificiale all’interno dell’industria cinematografica presentando un racconto che, in maniera abbastanza singolare per lo show di Charlie Brooker, si conclude con un moto di speranza per le applicazioni tecnologiche del futuro.

Per una volta, infatti, una riflessione sull’eventuale capacità dell’intelligenza artificiale di ricalcare alcune qualità dell’essere umano conduce in una direzione che, per quanto tragica, lascia in bocca allo spettatore il sapore dolce di un incontro.

Dopo aver condiviso la nostra spiegazione dell’universo quantico descritto in Bestia Nera e avvisando degli spoiler presenti nell’articolo, andiamo a occuparci della terza puntata della settima stagione dello show distribuito su Netflix per proporre la nostra lettura del romantico e suggestivo Hotel Reverie.

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La trama di Hotel Reverie

Brandy, un’attrice stanca di certi meccanismi del mondo dello spettacolo e in cerca di nuovi stimoli per la propria carriera, viene contattata per prendere parte al remake di un grande classico del passato.

Arrivata sul set la donna scopre che per la realizzazione del film verrà utilizzata una nuova tecnologia in grado di sfruttare l’intelligenza artificiale per ricreare le atmosfere e i personaggi dell’opera originale e di inserire la coscienza dell’attrice all’interno del mondo virtuale con cui sarà chiamata a interagire.

A dispetto del fatto che tutto il costrutto del nuovo prodotto avrebbe dovuto seguire una strada già percorsa e programmata nel codice, degli imprevisti tecnici e a livello di sceneggiatura cominciano a comportare dei cambiamenti inattesi e destinati a modificare radicalmente l’esperienza di Brandy sull’innovativo set cinematografico.

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Spiegazione del finale del terzo episodio di Black Mirror 7: Hotel Reverie

La conclusione della puntata vede stravolti i piani dei ragazzi della Redream riguardo un remake assolutamente in linea con l’originale a causa di piccoli cambiamenti nell’interpretazione di Brandy che iniziano a modificare la trama del film e, con essa, l’universo costruito.

Il punto di non ritorno viene superato quando l’attrice si ritrova inavvertitamente a chiamare la protagonista del nuovo Hotel Reverie con il nome dell’attrice morta tragicamente poco tempo dopo la realizzazione del primo lungometraggio.

Una specie di riverbero della personalità della donna che aveva dato vita al personaggio si impadronisce di Clara, portando in qualche modo in superficie l’essenza di Dorothy e causando un sovraccarico di memoria che impedisce di estrarre la coscienza di Brandy dall’universo creato a meno che la conclusione della storia non porti alla generazione dei titoli di coda.

Costretti ad andare avanti, i membri del team di produzione devono affrontare l’incidente del rovesciamento del caffè che manda momentaneamente in corto il sistema lasciando la protagonista isolata nel mondo virtuale insieme soltanto a Clara, ormai dotata di una coscienza propria, mentre tutto il resto del film, compresi i personaggi, rimane bloccato in attesa di un ripristino delle funzionalità del software.

La conoscenza tra Clara e Brandy continua così in modo inaspettato, con la prima che viene informata della propria condizione di essere artificiale e che viene a contatto, uscendo dai confini dell’ambientazione, con tutti i dati inseriti nel codice (compresi quelli relativi all’attrice che aveva dato vita al suo personaggio e quelli degli articoli che riguardassero l’interprete), con il ricordo dell’impossibile amore saffico di Dorothy e con la consapevolezza della sua tragica morte.

Con Clara che sembra ormai totalmente cosciente e con il tempo della simulazione che scorre autonomamente rispetto a quello della realtà, Brandy e il personaggio di Hotel Reverie si avvicinano sempre di più, vivendo esperienze insieme e innamorandosi l’una dell’altra.

Quando i computer andati in blocco si riavviano, il reset di tutto quello che è accaduto fuori dal controllo della produzione riporta, almeno all’apparenza, Clara a essere soltanto un personaggio inconsapevole del proprio status.

Aiutata nella sistemazione dello script e guidando una Brandy evidentemente sconvolta, Kimmy (la regista del remake) riesce a portare la narrazione fino al momento della scena finale in cui però, prima Clara e poi Brandy, ancora legate da un amore le cui braci continuano a covare in uno stato inconscio di esistenza, nel tentativo di difendersi vicendevolmente, portano all’uccisione di Clara e al concreto rischio di non riuscire a portare a termine il film.

Alla fine Brandy riesce a recitare la battuta necessaria a chiudere il lungometraggio, uscendo però profondamente cambiata e turbata dall’esperienza appena vissuta tanto da non riuscire a godersi fino in fondo il successo del remake.

La ricezione di un regalo inviatole dai ragazzi della Redream permette però all’attrice di avere il suo personale lieto fine agrodolce: il telefono che trova nel pacco le permette infatti di interagire con una ricostruzione di Dorothy (e non di Clara) estrapolata dai dietro le quinte utilizzati per modellare il mondo del rifacimento di Hotel Reverie.

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Il Terzo livello

Uno dei temi affrontati nel terzo episodio di Black Mirror 7 è rappresentato da una considerazione sulla dualità attore-personaggio e su una sorta di terzo livello che si va a costituire attraverso l’interpretazione.

Clara è infatti vittima di un riverbero della personalità di Dorothy, che aveva messo molto di se stessa nel personaggio, arrivando a percepire la stessa sensazione di solitudine provata dall’artista che le aveva dato vita.

Allo stesso modo, anche Dorothy è stata cambiata dal film a cui ha partecipato, in questo caso soprattutto a causa delle aspettative di un pubblico che, sovrapponendo il personaggio alla persona, ha costruito delle aspettative sulla sua vita che prescindessero dalla sua sincera volontà.

In questo senso, tutto quello che succede a telecamere spente diventa quasi insignificante rispetto alla realtà da portare sullo schermo (nel film originale così come nel remake), tanto da rendere la vita dell’attrice una sbiadita copia di quella della protagonista fittizia e rendendo quasi Dorothy subordinata alla seconda.

Se Dorothy ha dovuto soccombere alle restrizioni impostele dalla società, Clara, avendo avuto modo di vivere esperienze inaccessibili alla sua controparte reale, decide di ribellarsi al suo destino preconfigurato, ottenendo in qualche modo una specie di redenzione anche per l’attrice.

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La telefonata e la libertà di amare al di là di ogni vincolo sociale

La scena finale della telefonata tra Brandy e Dorothy ha la forza di metterci di fronte al concetto di pregiudizio costringendoci a valutare quello che è il nostro pensiero rispetto a un’eventualità ancora da sondare.

Come Dorothy ha dovuto affrontare le resistenze del sistema dell’epoca rispetto all’omosessualità, infatti, Brandy sperimenta la difficoltà di accettarsi e il preconcetto e la diffidenza altrui nello scoprire il proprio sentimento per un costrutto dell’intelligenza artificiale.

Ponendo in essere una questione già discussa da altre opere del genere, la conclusione di Hotel Reverie svela tutto il suo sincero ottimismo nella possibilità di concretizzazione della relazione tra le due protagoniste appartenenti a mondi diversi.

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