2041: Restore Point, thriller cyberpunk diretto dal regista ceco Robert Hloz e uscito nel 2023, ci fa avventurare in un mondo ambientato in un futuro prossimo in cui l’umanità ha trovato il modo, attraverso l’uso di una tecnologia rivoluzionaria, di far tornare indietro le persone da morti accidentali o violente.
Girato nei territori dell’Europa centrale e caratterizzato da un design retrofuturistico, il lungometraggio distribuito a livello interazione da XYZ Films ruota intorno a un caso di duplice omicidio affidato alla detective Trochinowska che si rivelerà nascondere un intrigo inaspettato.
Dopo aver condiviso la nostra recensione di I’m Not a Robot, cortometraggio vincitore del premio Oscar 2025, torniamo nei territori della fantascienza per analizzare pregi e difetti di Restore Point e fornire la nostra opinione in merito.

La trama di 2041: Restore Point
In un futuro disgregato dalle divisioni sociali ed economiche, la società è riuscita a ovviare al crescente numero di atti di violenza grazie all’utilizzo del restore point, uno strumento medico che permette di archiviare un backup del cervello umano da riutilizzare in caso di morte prematura.
In questo quadro, una rete di terroristi, la River of Life, cerca di mettere i bastoni tra le ruote all’azienda proprietaria della tecnologia, sfruttando le limitazioni del progetto per diffondere il panico tra la popolazione.
Gli omicidi di uno dei ricercatori principali coinvolti in Restore Point e della moglie porteranno la detective Trochinowska a confrontarsi con una pericolosa indagine dai risvolti politici inattesi e dalle conseguenze sconvolgenti.

Una buona idea che diventa quasi soltanto un pretesto
La sceneggiatura di Tomislav Čečka, Robert Hloz e Zdeněk Jecelín si fonda sull’interessante premessa dell’esistenza del restore point costruendoci intorno un noir poliziesco fatto di plot twist e personaggi ricchi di ambiguità.
L’idea di un punto di ripristino precedente anche di qualche ora (in alcuni casi anche di più di qualche ora) permette allo script di giocare con l’impossibilità anche per i protagonisti della storia di conoscere alcuni dettagli fondamentali della vicenda e di presentare l’unico dilemma etico e sociale in qualche modo approfondito dall’opera del filmmaker ceco.
Perché purtroppo, il contesto legato al restore point viene studiato soltanto in maniera superficiale, divenendo, di fatto, soltanto un pretesto utile alla messa in scena dell’intrigo ma poco sfruttato per un world building solo accennato e relegato a un ruolo di secondaria importanza.
Una riflessione più attenta sulle ripercussioni sulla società umana di un progresso scientifico come quello di 2041: Restore Point avrebbe potuto e dovuto costituire uno dei grandi punti di forza di un film che sceglie invece, probabilmente a torto, di percorrere quasi esclusivamente altre strade.
Il plot del thriller, efficace e mai eccessivamente forzato per quanto riguardi la costruzione del mistero, funziona dall’inizio alla fine pur senza regalare troppe sorprese o rivelazioni davvero sorprendenti o imprevedibili.
I personaggi, allo stesso modo, contribuiscono all’equivocità del racconto nonostante la mancanza di una caratterizzazione che contribuisca a renderli genuinamente unici, memorabili e pienamente efficaci dal punto di vista emotivo.

Un prodotto cyberpunk a basso budget ma ben realizzato
La difficoltà di portare sullo schermo un mondo futuristico affascinante e ben realizzato potendo contare su un budget di poco superiore all’equivalente di due milioni di euro viene superata, in Restore Point, con la presentazione di un un futuro in cui l’impronta della nostra contemporaneità e del nostro passato risulti ancora forte.
I lavori fatti nell’ambito degli effetti visivi e della regia, riescono a rendere credibili, seppure con qualche inciampo e qualche ingenuità di troppo, scenari suggestivi e intriganti ma che, ancora una volta, non riescono a trovare il giusto spazio all’interno dei 111 minuti di girato.
La fotografia rimanda sensazioni contrastanti, con l’alternanza di scene rese in maniera affascinante e convincente ad altre decisamente meno curate e che riportano bruscamente lo spettatore con i piedi per terra.
Il ritmo, dal canto suo, ha il merito di non perdere mai il mordente, alternando picchi di azione a momenti più statici ma mai privi della giusta dose di tensione che contribuisca a portare avanti l’interesse per il racconto.

Per gli amanti dei thriller e della fantascienza
2041: Restore Point è, in sostanza, un buon film che stuzzica l’attenzione per la premessa narrativa e che si fa apprezzare per quanto concerne la sua dimensione di thriller cospirativo non originalissimo ma ben strutturato.
Dispiace, in questo senso, per una serie di mancanze di attenzioni che avrebbero potuto elevare il prodotto anche a costo di mettere sul piatto della bilancia un climax meno cadenzato o un minutaggio più importante.
In conclusione, quella di Hloz è un’opera che, richiamando grandi classici del passato, è sicuramente degna di trovare il suo spazio tra gli appassionati dei due generi principali, dimostrando ancora una volta come i limiti tecnici ed economici possano essere superati attraverso un sapiente uso degli strumenti della narrazione.
Voto: 6.5/10