Ash, horror fantascientifico del 2025 diretto da Flying Lotus e scritto da Jonni Remmler, ripropone l’idea di terrore nello spazio trasportando lo spettatore su una base dell’avanguardia umana alla ricerca di nuovi pianeti da abitare.
Pur riportando alla mente capolavori del genere quali Alien, Punto di Non Ritorno, e La Cosa, il film del rapper e regista di Los Angeles è caratterizzato da uno stile assolutamente personale per quanto riguardi l’aspetto cinematografico e narrativo e capace di dimostrarsi il vero punto focale dell’opera.
Dopo aver condiviso la recensione di Mandy, altro horror che fa della ricercatezza dei colori e di una narrazione visionaria le sue fondamenta, torniamo a tuffarci in una dimensione onirica da incubo per proporre la nostra recensione di Ash.

La trama di Ash
Riya, un’astronauta di stanza in una piccola base su un pianeta sconosciuto, si risveglia sdraiata sul pavimento in preda a una misteriosa amnesia e scoprendo che i sistemi di sopravvivenza dell’edificio siano danneggiati e che il resto dell’equipaggio è stato sterminato in modo violento.
In preda a flash terrificanti di quanto accaduto, la donna viene raggiunta da un uomo proveniente dall’esterno e che gli ricorda di essere l’addetto al controllo dello spazio orbitale affermando di essere atterrato su K. O. I. 442 per trarla in salvo e lasciare il pianeta.
Con il tempo che si fa sempre più tiranno, Riya dovrà capire se e quanto fidarsi dell’uomo mentre dettagli sempre più oscuri e macabri della tragedia avvenuta nella base le tornano alla mente in modo confuso e poco coerente.

Un orrore sconosciuto su un pianeta inospitale
Pur senza essere in alcun modo originale e ripescando idee, suggestioni e meccanismi tutt’altro che inediti per il sottogenere, Ash ha il merito di sviluppare la sua trama in modo convincente, in un mix riuscito e coerente che sfrutta l’artificio della perdita di memoria per costruire una storia in cui nulla sembri essere certo.
Il presupposto di essere da soli in compagnia di uno sconosciuto su un pianeta potenzialmente mortale e persi nell’incapacità di ricordare cosa abbia portato alla morte di tutti i propri compagni di viaggio mette infatti Riya nella condizione di non potersi fidare di nulla, e, in primis, del suo stesso istinto.
La decisione di raccontare la storia attraverso gli inquietanti flashback di cui è vittima la protagonista offre poi la possibilità di dipanare in maniera graduale il bandolo della matassa presentando la vicenda in modo allucinato, violento e suggestivo.
Se dal punto di vista visivo il risultato può dirsi decisamente accattivante, per quello che concerne lo svolgimento della trama, la confusione generata dal montaggio frenetico e dall’espediente dell’amnesia si prende il rischio, calcolato ma forse non sempre giustificato, di scombussolare anche l’esperienza dello spettatore, vittima al pari di Riya.
L’elemento horror del film di Flying Lotus si rivela sotto diverse forme grazie alla già citata peculiarità del lungometraggio di fondere diversi topoi della fantascienza orrorifica, concretizzandosi in una narrazione angosciosa claustrofobia e labirintica dal punto di vista psicologico fino a essere chiamata a vestirsi di un pizzico body horror nella parte finale della storia.

Di un montaggio frenetico e di luci al neon tremolanti
L’operato del filmmaker in fase di regia, il montaggio convulso e la scelta di mettere in scena un ambiente buio e illuminato a intermittenza da luci fluorescenti rappresentano l’animo di un’opera che, senza chiedere troppo a effetti speciali comunque negli standard, fa dell’aspetto visivo il suo grande punto di forza.
La scenografia, azzeccata anche senza riuscire ad avvicinarsi al lavoro fatto da H. R. Giger per la saga di Alien e la fotografia, sempre pulita nel suo carattere psichedelico, sono sorrette da una colonna sonora di grande livello e che, almeno in una scena, riesce a diventare protagonista assoluta della sequenza.
Un po’ altalenante, invece, il livello delle interpretazioni: a fare da contraltare a quella assolutamente godibile quella di Aaron Paul nei panni del misterioso e indecifrabile Brion, c’è infatti da misurare la prova meno convincente di Eiza González in un ruolo altrettanto complesso e costruito su continui cambi di paradigma.

Un b-movie citazionista ricco di personalità
In conclusione, Ash è un prodotto che sa portare le atmosfere degli horror ambientati nello spazio in una dimensione contemporanea in virtù di un’impronta stilistica che denota personalità e sicurezza da parte di un regista che ancora deve affermarsi completamente nel mondo della Settima Arte.
Il film di Flying Lotus è, in questo senso, il perfetto biglietto d’ingresso destinato alle nuove generazioni per ritrovarsi a contatto con il genere prima di esplorare il complesso e affascinante dedalo degli horror fantascientifici.
Un’opera che mette sotto i riflettori l’artista di origini camerunesi e che consigliamo a tutti i fan di scifi e di pellicole del terrore e che rappresenta un’ulteriore aggiunta di valore al catalogo della piattaforma Prime Video che l’ha distribuita a livello internazionale.
Voto: 7.5/10